Quando dormiva era una bambina. Sul suo volto c’era
l’espressione tranquilla e innocente di chi si sente al sicuro e sa di non
avere nulla da temere. Le notti che suo marito era fuori per lavoro restavo ore
a guardarla, steso al suo fianco. Anche se aveva il sonno pesante non avrei mai
osato toccarla per paura di risvegliarla, e quindi passavo le dita vicino alla
sua pelle morbida e abbronzata, senza neanche sfiorarla ma seguendo il suo
contorno immerso nella penombra. E io la amavo, a sua insaputa, con la
disperazione di chi sa che rivelare i propri sentimenti porterà solo il male.
Mi accontentavo di essere per lei ciò che lei voleva, non avevo né avrei mai
avuto il coraggio di rivelarle tutto, di chiederle di lasciare suo marito e
fuggire con me, come accade in tanti dei romanzi che leggeva. Quando entravo in
casa sua lanciavo spesso occhiate furtive alla libreria nel salotto o ai libri
sul comodino. Ho letto tutti i suoi libri preferiti, ma non ho mai avuto il
coraggio di parlargliene.
Ed ora è persa per sempre.
Spesso immaginavo di fermarla per le scale mentre tornava a
casa e chiederle di fuggire con me. Nelle mie fantasie lei restava sconvolta,
senza parole, e la risposta sarebbe stata un pugno in faccia da parte di suo
marito. Mi vedevo cadere a terra e sputare sangue, mentre lei correva verso di
me per assicurarsi che stessi bene. Mi sarei lanciato sul marito e l’avrei
picchiato, e la vicenda avrebbe avuto un lieto fine con me e lei in una casa
sulla spiaggia, con lei che si improvvisava tenera infermiera per curarmi il
labbro spaccato. Ma nella realtà non ci siamo neanche detti addio. Mi ha
salutato come qualunque inquilina alla fine del trasloco saluterebbe il custode
del palazzo dove ha abitato per un paio d’anni. Una stretta di mano, un bacio
sulla guancia, poche parole e uno sguardo negli occhi, più esplicativo di ore
di conversazione. Mi chiedo se il nostro addio sarebbe stato diverso, senza suo
marito, ma ancora una volta la vita mi ha insegnato la risposta: un addio è un
addio, e indipendentemente da quante parole possiamo usare per addolcirlo
resterà una scelta consapevole. Chi non si vuole allontanare non si allontana.
E infatti lei è andata via e io sono rimasto qui ad accarezzare la porta di
casa sua. Avrei voluto rincorrerla, ma per cosa? Ho saputo vivere un amore
disperato, ora sto accudendo un amore morente, e a breve non mi rimarrà che
tornare ogni tanto sulla tomba di un amore perduto.
In silenzio, con la calma e l’attenzione di chi esegue un
rituale sacro, infilo la chiave nella serratura, ho imparato ad aprirla senza
emettere il minimo rumore, quando entravo in casa sua. Se qualche inquilino si
fosse svegliato, sarebbe stata una situazione imbarazzante e molto difficile da
spiegare. Ora non avrei bisogno di dare spiegazioni, sono il custode che si
assicura che sia tutto in ordine, ma non riuscirei ad insultare questo
santuario con il rumore.
Hanno portato via gran parte dei mobili, ma la cassettiera
nella camera da letto è rimasta. Quella cassettiera, circa sei mesi fa, è stata
al centro di una lite tra lei e suo marito. Ricordo che entrai in casa loro
chiamato da un inquilino che aveva sentito le urla, lei aveva tolto tutti i
cassetti e aveva rovesciato il loro contenuto a terra, e piangeva. La aiutai a
rialzarsi e chiesi spiegazioni a suo marito. Lei non trovava più della
biancheria, ed era convinta che suo marito l’avesse data ad un’amante che aveva
portato in casa. Lui continuava a dire che non era vero e che erano sicuramente
in un altro cassetto, e da lì le urla e
la situazione che mi trovai davanti. Suggerii al marito di passare la notte in
un albergo per darle tempo di calmarsi, e quella notte sono rimasto al suo
fianco. Si agitava, e dovetti rimboccarle le coperte più di una volta. Ricordo
la sua espressione corrucciata mentre gli incubi la tormentavano, e la dolcezza
con cui la luce della luna si posava sul suo volto. Dovetti andarmene prima
dell’alba, prima che chiunque si svegliasse, per non dare nell’occhio. Avrei
voluto lasciarle un biglietto, ma alla fine non ho fatto neanche quello. Tutta
questa storia non è altro che un catalogo di tutto ciò che non ho fatto, e
delle paure che mi hanno spinto a non fare quelle cose. Sono stato un uomo
vile. Ricordo il primo giorno che l’ho vista, e il modo in cui il mio cuore ha
iniziato a battere. Mi avvicinai e le parlai, ma so che se non avessi avuto la
copertura del mio ruolo di custode non avrei mai trovato il coraggio di uscire
dall’ombra in cui ero nascosto. Ho vissuto questo amore nell’ombra, e ora non
ne è rimasto più niente. Forse avrei dovuto essere più forte e deciso
nell’inseguire i miei desideri, ma ormai mi è rimasto solo il suo odore su
queste mura, finchè non verranno nuovi inquilini. E a quel punto mi rimarranno
solo i ricordi del suo respiro nella notte e del suo odore inebriante. Mi
rimarrà qualche fotografia, qualche suo piccolo oggetto e il rimpianto di non
aver mai cercato di essere nulla di più per lei, pur sapendo di avere tanto da
offrirle. Lei non ha più trovato quegli slip, ma ha fatto la pace con suo
marito ed ora è serena, io non sono nulla più che un granello di sabbia sulla
strada che si sta lasciando alle spalle. Chiudo la porta alle mie spalle e
torno in casa mia, in assoluto silenzio. Con calma, nella mia mente si fa
strada l’idea del suicidio.
Chissà cosa diranno di me dopo la mia morte se la verità
venisse alla luce. Penseranno che eravamo amanti e che lei mi ha abbandonato,
crederanno che mi sarò suicidato per l’abbandono. Sarebbe una morte gloriosa,
tutto sommato. Invece, per tutto il tempo che lei è stata qui mi sono limitato
ad entrare di soppiatto nella sua stanza mentre dormiva, osservandola e
scattandole qualche foto a sua insaputa. Le ho rubato della biancheria, l’ho
amata in silenzio, e saprò sopportare in silenzio la sua mancanza.
Continuerò a
sorridere agli inquilini, a portare avanti la mia vita e a desiderare che lei
ricompaia, un giorno, per confessarmi il suo amore.
3 commenti:
Non so se intenerirmi o avere l'ansia, per cui mi piace!
Sei il solito perverso.
Abbastanza spiazzata dal racconto, ti faccio i miei complimenti.
Calato nella parte fino all'ultimo, un personaggio particolare, sfaccettato, che a tratti mi ha messo ansia.
Mi ricorda molto un fil che ho visto in cui un portiere pazzo entrava in casa di una ragazza ogni notte, narcotizzava lei e il marito, e poi ci faceva di tutto.
Però in questo racconto oltre all'ansia di una persona ossessionata da questa donna, vedo anche una dolcezza, un tentativo di amare, accompagnato dalla paura di perdere...
Beh, insomma, sono sempre molto particolari i miei commenti, e il più delle volte probabilmente nemmeno si capiscono, ma volevo farti i miei complimenti per questo testo, mi è piaciuto molto.
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