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mercoledì 11 settembre 2013

Man Next Door

Quando dormiva era una bambina. Sul suo volto c’era l’espressione tranquilla e innocente di chi si sente al sicuro e sa di non avere nulla da temere. Le notti che suo marito era fuori per lavoro restavo ore a guardarla, steso al suo fianco. Anche se aveva il sonno pesante non avrei mai osato toccarla per paura di risvegliarla, e quindi passavo le dita vicino alla sua pelle morbida e abbronzata, senza neanche sfiorarla ma seguendo il suo contorno immerso nella penombra. E io la amavo, a sua insaputa, con la disperazione di chi sa che rivelare i propri sentimenti porterà solo il male. Mi accontentavo di essere per lei ciò che lei voleva, non avevo né avrei mai avuto il coraggio di rivelarle tutto, di chiederle di lasciare suo marito e fuggire con me, come accade in tanti dei romanzi che leggeva. Quando entravo in casa sua lanciavo spesso occhiate furtive alla libreria nel salotto o ai libri sul comodino. Ho letto tutti i suoi libri preferiti, ma non ho mai avuto il coraggio di parlargliene.

Ed ora è persa per sempre.

Spesso immaginavo di fermarla per le scale mentre tornava a casa e chiederle di fuggire con me. Nelle mie fantasie lei restava sconvolta, senza parole, e la risposta sarebbe stata un pugno in faccia da parte di suo marito. Mi vedevo cadere a terra e sputare sangue, mentre lei correva verso di me per assicurarsi che stessi bene. Mi sarei lanciato sul marito e l’avrei picchiato, e la vicenda avrebbe avuto un lieto fine con me e lei in una casa sulla spiaggia, con lei che si improvvisava tenera infermiera per curarmi il labbro spaccato. Ma nella realtà non ci siamo neanche detti addio. Mi ha salutato come qualunque inquilina alla fine del trasloco saluterebbe il custode del palazzo dove ha abitato per un paio d’anni. Una stretta di mano, un bacio sulla guancia, poche parole e uno sguardo negli occhi, più esplicativo di ore di conversazione. Mi chiedo se il nostro addio sarebbe stato diverso, senza suo marito, ma ancora una volta la vita mi ha insegnato la risposta: un addio è un addio, e indipendentemente da quante parole possiamo usare per addolcirlo resterà una scelta consapevole. Chi non si vuole allontanare non si allontana. E infatti lei è andata via e io sono rimasto qui ad accarezzare la porta di casa sua. Avrei voluto rincorrerla, ma per cosa? Ho saputo vivere un amore disperato, ora sto accudendo un amore morente, e a breve non mi rimarrà che tornare ogni tanto sulla tomba di un amore perduto.

In silenzio, con la calma e l’attenzione di chi esegue un rituale sacro, infilo la chiave nella serratura, ho imparato ad aprirla senza emettere il minimo rumore, quando entravo in casa sua. Se qualche inquilino si fosse svegliato, sarebbe stata una situazione imbarazzante e molto difficile da spiegare. Ora non avrei bisogno di dare spiegazioni, sono il custode che si assicura che sia tutto in ordine, ma non riuscirei ad insultare questo santuario con il rumore.

Hanno portato via gran parte dei mobili, ma la cassettiera nella camera da letto è rimasta. Quella cassettiera, circa sei mesi fa, è stata al centro di una lite tra lei e suo marito. Ricordo che entrai in casa loro chiamato da un inquilino che aveva sentito le urla, lei aveva tolto tutti i cassetti e aveva rovesciato il loro contenuto a terra, e piangeva. La aiutai a rialzarsi e chiesi spiegazioni a suo marito. Lei non trovava più della biancheria, ed era convinta che suo marito l’avesse data ad un’amante che aveva portato in casa. Lui continuava a dire che non era vero e che erano sicuramente in un altro cassetto, e  da lì le urla e la situazione che mi trovai davanti. Suggerii al marito di passare la notte in un albergo per darle tempo di calmarsi, e quella notte sono rimasto al suo fianco. Si agitava, e dovetti rimboccarle le coperte più di una volta. Ricordo la sua espressione corrucciata mentre gli incubi la tormentavano, e la dolcezza con cui la luce della luna si posava sul suo volto. Dovetti andarmene prima dell’alba, prima che chiunque si svegliasse, per non dare nell’occhio. Avrei voluto lasciarle un biglietto, ma alla fine non ho fatto neanche quello. Tutta questa storia non è altro che un catalogo di tutto ciò che non ho fatto, e delle paure che mi hanno spinto a non fare quelle cose. Sono stato un uomo vile. Ricordo il primo giorno che l’ho vista, e il modo in cui il mio cuore ha iniziato a battere. Mi avvicinai e le parlai, ma so che se non avessi avuto la copertura del mio ruolo di custode non avrei mai trovato il coraggio di uscire dall’ombra in cui ero nascosto. Ho vissuto questo amore nell’ombra, e ora non ne è rimasto più niente. Forse avrei dovuto essere più forte e deciso nell’inseguire i miei desideri, ma ormai mi è rimasto solo il suo odore su queste mura, finchè non verranno nuovi inquilini. E a quel punto mi rimarranno solo i ricordi del suo respiro nella notte e del suo odore inebriante. Mi rimarrà qualche fotografia, qualche suo piccolo oggetto e il rimpianto di non aver mai cercato di essere nulla di più per lei, pur sapendo di avere tanto da offrirle. Lei non ha più trovato quegli slip, ma ha fatto la pace con suo marito ed ora è serena, io non sono nulla più che un granello di sabbia sulla strada che si sta lasciando alle spalle. Chiudo la porta alle mie spalle e torno in casa mia, in assoluto silenzio. Con calma, nella mia mente si fa strada l’idea del suicidio.


Chissà cosa diranno di me dopo la mia morte se la verità venisse alla luce. Penseranno che eravamo amanti e che lei mi ha abbandonato, crederanno che mi sarò suicidato per l’abbandono. Sarebbe una morte gloriosa, tutto sommato. Invece, per tutto il tempo che lei è stata qui mi sono limitato ad entrare di soppiatto nella sua stanza mentre dormiva, osservandola e scattandole qualche foto a sua insaputa. Le ho rubato della biancheria, l’ho amata in silenzio, e saprò sopportare in silenzio la sua mancanza.
Continuerò a sorridere agli inquilini, a portare avanti la mia vita e a desiderare che lei ricompaia, un giorno, per confessarmi il suo amore.

3 commenti:

Arhal ha detto...

Non so se intenerirmi o avere l'ansia, per cui mi piace!

vorgh ha detto...

Sei il solito perverso.

Unknown ha detto...

Abbastanza spiazzata dal racconto, ti faccio i miei complimenti.
Calato nella parte fino all'ultimo, un personaggio particolare, sfaccettato, che a tratti mi ha messo ansia.
Mi ricorda molto un fil che ho visto in cui un portiere pazzo entrava in casa di una ragazza ogni notte, narcotizzava lei e il marito, e poi ci faceva di tutto.
Però in questo racconto oltre all'ansia di una persona ossessionata da questa donna, vedo anche una dolcezza, un tentativo di amare, accompagnato dalla paura di perdere...
Beh, insomma, sono sempre molto particolari i miei commenti, e il più delle volte probabilmente nemmeno si capiscono, ma volevo farti i miei complimenti per questo testo, mi è piaciuto molto.