Dedicato a Rory,
Come incancellabile ricordo delle lezioni di Stan
All’epoca le aspettative di vita erano parecchio alte,
soprattutto se Dio ti prendeva in simpatia. Noè, per esempio, visse
novecentocinquanta anni. Suo padre Lamech morì a settecentosettantasette anni,
e suo nonno Matusalemme a novecentosessantanove. Nove-sei-nove. All’epoca non
esistevano cose come il knockout game o le continue richieste dei giochi su
facebook, anche perché la gente era piuttosto irascibile e non ci andava piano
con le maledizioni. Se poi Dio ti aveva preso in simpatia avevi a garanzia che
le tua maledizioni avrebbero avuto effetto. Con settanta anni di speranza di
vita media puoi anche correre il rischio di essere maledetto a vita, te ne fai
una ragione e resisti quei trent’anni che ti restano, ma se la vita media è di 898,6
anni, farsi maledire quando sei ancora solo al tuo primo secolo non è una mossa
brillante. Soprattutto se vieni maledetto a causa di qualcun altro.
Ma andiamo con ordine: Dio vide che gli uomini si
ammazzavano tra di loro, rubavano e sniffavano la colla, si pentì di averli
creati e decise di sopprimerli tutti, e siccome era incazzato decise che già
che c’era avrebbe fatto un po’ di pulizia e fatto estinguere qualche altro
migliaio di specie. Mentre era da solo nell’alto dei cieli, si guardò alo
specchio e ripeté a se stesso dieci volte “Sterminerò
dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e
gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti”. E non aveva
tutti i torti, il bestiame puzzava, i rettili erano viscidi e dalle loro pelli
si facevano borse all’ultima moda brutte come poche cose al mondo, e gli
uccelli cacavano in testa agli uomini, sue creature predilette che amava al
punto di aver regalato loro un biglietto gratis per lo sterminio di massa. Dio
invitò Noè a cena e gli disse che aveva intenzione di uccidere tutti i
peccatori. Noè temeva per quelle riviste porno sotto il suo letto, ma per
fortuna Dio non cercava il pelo nell’uovo. “Noè”, gli disse, “Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque,
sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita;
quanto è sulla terra perirà.” E Noè rispose: “Signore, non puoi ucciderli
così come li hai creati? CTRL+ALT+CANC,
uno schiocco di dita ed è tutto risolto? È proprio necessario il diluvio? Io
soffro di mal di mare.” E Dio fece lo gnorri e continuò a parlare, ignorando i
suggerimenti di Noè, e gli spiegò nei dettagli come costruire l’arca. “Avrà trecento cubiti di lunghezza, ben
oltre quanto permesso dalle leggi della fisica per un’imbarcazione di legno, ma
#FuckItImYoung #YOLO. Farai nell’arca un
tetto, perché se non lo fai non ti proteggerà dalla pioggia, e da un lato metterai la porta. Te lo
dico perché l’ultimo a cui ho chiesto di fare un’arca ha messo la porta sul
fondo e poi si è reso conto di non poter più entrare né uscire. È stato abbastanza
imbarazzante. La dividerai in tre piani. Io
manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo
ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Entrerai
nell'arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli,
non ti preoccupare siete tutti in lista. Di
quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell'arca due di ogni specie, per
conservarli in vita con te. D'ogni animale mondo prendine con te sette paia, il
maschio e la sua femmina; degli animali che non sono mondi un paio, il maschio
e la sua femmina. Non vorrei che morissero quando proverò ad ucciderli
tutti. Perché tra sette giorni farò
piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla
terra ogni essere che ho fatto.” Noè non aveva capito se Dio li voleva veramente
uccidere o no, fondamentalmente non aveva capito un cazzo, ma non gli sembrava il
caso di chiedere di ripetere perché Dio aveva parlato per un’ora, allora annuì
e fece finta di sapere cosa doveva fare.
Dopo aver perso giorni interi a contare gli animali, Noè
salì sull’arca con i suoi tre figli, Sem, Cam, e Iafet, e le loro mogli. E
piovve per quaranta giorni e quaranta notti, durante i quali Noè e famiglia
finirono le storie da raccontarsi e iniziarono a parlare da soli, o a volte con
gli animali. Si abituarono alla puzza di merda e a dormire con i versi di tutte
le specie esistenti nelle orecchie, ma spesso Noè restava sveglio la notte e si
tormentava l’animo: non riusciva a ricordare se di animali ne doveva portare
una o sette coppie, e lui ne aveva portata una sola di ogni specie. Poi c’era
il problema di tutti quegli animali che vivevano meno di quaranta giorni e che
non erano riusciti a procreare abbastanza. Poi c’era il problema degli animali
che facevano troppi figli e gli toccava uccidere gattini e coniglietti
carinissimi. E poi pensava in continuazione alle parole di Dio: #FuckItImYoung.
Noè aveva seicento anni, quando venne il
diluvio, cioè le acque sulla terra. Le acque si innalzarono fino a coprire tutta
la terra e tutti i monti, e da qualche parte sotto gli oceani le tartarughe
marine festeggiavano insieme ai coccodrilli e ad altri rettili marini oggi
estinti, convinte di averla fatta in barba a Dio e di essersi camuffati da
pesci. Ma Dio non era nato ieri, e dopo un po’ questi rettili si accorsero di
non avere la branchie e morirono anche loro.
Le acque restarono
alte sopra la terra centocinquanta giorni. Sempre più animali morivano, Noè
iniziava a chiedersi se non fosse quello il motivo per cui avrebbe dovuto
portare sette coppie di alcuni animali, e iniziava a temere la punizione di
Dio. Come se non bastasse, i sui figli mangiavano come dei maiali e le scorte
di cibo iniziavano a scarseggiare. Per fortuna Dio decise di far calare
l’acqua, ma servirono altri centocinquanta giorni solo per rendere di nuovo
visibili le cime delle montagne. In quei centocinquanta giorni, Noè e famiglia
iniziarono a diventare paranoici per la reclusione, si odiavano a vicenda ma
evitavano di prendersi a coltellate perché avevano visto cosa Dio faceva ai
peccatori, e perché non avevano coltelli. Noè, che al momento del diluvio aveva
già seicento anni, iniziò a soffrire di osteoporosi, e tutti si sentivano
deboli e avevano dolori ai muscoli e alle ossa, perché non vedevano il sole da
trecentoquaranta giorni e avevano carenze di vitamina D. La moglie di Iafet,
che odiava Sem, gli metteva la merda di lontra nel piatto quando era il suo
turno in cucina. Sem parlava con i muri, e Cam era sempre nervoso e sputava a
terra in continuazione. Iafet aveva disegnato un volto su un pallone e lo
presentava a tutti come Wilson, il suo migliore amico. Molti animali non davano
più segni di vita, Noè e famiglia avevano abbandonato ogni decenza, non
facevano neanche più finta di essere civilizzati, mangiavano con le mani e
scoreggiavano a tavola, si pulivano le orecchie con le mani con cui mangiavano
e non si pulivano dopo essere stati al bagno. Gli animali che si erano
riprodotti più facilmente in quei giorni furono i pidocchi, che zampettavano
allegramente sul capo di Noè, che era un
uomo giusto e integro. Le scorte di cibo erano finite, e a quel punto Noè
aprì una finestra e lasciò uscire un corvo e una colomba. Entrambi tornarono
perché la terra era coperta d’acqua, e Noè ordinò alla sua famiglia di
digiunare in attesa che Dio li salvasse. Passò una settimana e Noè fece uscire
di nuovo la colomba. Il corvo era spartito, ne avevano ritrovato solo le piume
e le ossa ma nessuno sapeva cosa gli fosse successo. Neanche la moglie di Cam,
che sembrava sazia e aveva ripreso un po’ di colorito. La colomba tornò con un
ramoscello di ulivo, che Noè fagocitò di fretta prima che i figli potessero
vederlo. Noè comprese che le acque si
erano ritirate dalla terra, ma sapeva che se i figli lo avessero saputo
sarebbero usciti prima di ricevere l’autorizzazione di Dio, e avrebbero
peccato. “Meglio morti di fame che dannati”, pensò Noè, e mangiò il ramoscello
per salvarli dalla dannazione, certo non per fame. Aspettò altri sette giorni,
poi lasciò andare la colomba. I suoi figli e le loro mogli passavano le
giornate seduti a terra e immobili. La colomba non tornò più. Quando la terra
fu asciutta, Dio ordinò a Noè: “Esci
dall'arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te.”.
Appena Dio ebbe detto “Esci”, Noè, i figli e le mogli uscirono di corsa
strappandosi i vestiti da dosso e urlando parole senza senso. E Noè fu fiero,
perché pensò che avessero ricevuto il dono delle lingue. Invece, deliravano per
la fame e la prolungata reclusione. Allora
Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di
uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare. Il Signore ne odorò la soave
fragranza e pensò: “Io gli avevo detto di salvarli, gli animali. Noè deve
aver battuto forte il capo, egli ha chiaramente perduto il senno.”
Dio benedisse Noè e i
suoi figli e disse loro: “Dopo quanto avete faticato per salvare questi
animali, ora potete ammazzarli e mangiarne a sazietà. Qualcuno di voi ha
profetizzato queste parole prima che io le dicessi.” E ammiccò alla moglie di
Cam, che si sentì in imbarazzo e chiese scusa per il corvo. “Però non li
ammazzate tutti altrimenti li avrete salvati invano. Soltanto vi chiedo di non
fare troppo schifo e di ucciderli prima di mangiarli.” E ammiccò a Sem, che
stava sgranocchiando una lucertola viva. Dio creò l’anacoluto e ne diede
dimostrazione: “Chi sparge il sangue
dell'uomo dall'uomo il suo sangue sarà sparso”. In seguito diede agli
uomini le prime leggi: “Non vi ammazzate, non rubate, se scoreggiate ditelo, e
non mettete i leggings leopardati. Insomma, abbiate buon senso.” Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a
piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto
all'interno della sua tenda. Aveva caldo e decise, giustamente, di
togliersi la tunica fatta della lana dell’ultima pecora e della pelle
dell’ultimo maiale morti nell’arca. Per sua fortuna tutto ciò accadeva due
libri prima del Levitico, altrimenti anche quella tunica sarebbe stata un
peccato. Giaceva nudo nella sua tenda, ubriaco e con il frankfurter al vento,
quando Cam (che intanto aveva avuto un figlio di nome Canaan, il quale sarà
importante tra poco) entrò nella tenda per chiedergli se voleva vedere la
partita. Sconvolto dai comportamenti indecenti del padre, Cam, padre di Canaan, raccontò la cosa ai due fratelli che stavano
fuori. Allora Sem e Iafet entrarono nella tenda a ritroso, dando le spalle
al padre per non vedere la sua nudità. Solo Cam, che aveva preso alla lettera
le parole di Dio e cercava di esercitare buon senso, ritenne poco saggio dare
le spalle ad un uomo nudo e ubriaco, giacché il giudizio del padre era
annebbiato e la vista di posteriori ondeggianti avrebbe potuto indurlo in
tentazione. I tre fratelli coprirono il padre e lo misero a letto, prendendosi
cura di lui. Alle mogli dissero che si trattava di “cose da uomini.” Quando Noè si fu risvegliato dall'ebbrezza,
seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: “Sia maledetto
Canaan!” E a quel punto i tre fratelli si guardarono straniti. “Padre,
perché maledici il figlio di chi ha provato ad aiutarti? Se Cam non fosse
entrato, nessuno sarebbe venuto in tuo soccorso! E in ogni caso, perché non lui
ma suo figlio?” Noè fece lo gnorri e continuò: “Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!”.
Sem e Iafet si guardarono, contenti di aver appena vinto schiavi gratis per
tutta la loro discendenza. Disse poi: “Benedetto
il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo!” Sem sorrise al padre e
uscì dalla tenda, stringendosi nelle spalle e guardando Cam con aria di sufficienza.
Noè continuò: “Dio dilati Iafet!”
Iafet si guardò le spalle, terrorizzato dall’ambiguità delle parole di suo
padre, ma poi comprese che si riferiva ai sui possedimenti e non a parti
anatomiche e anche lui uscì dalla tenda facendo spallucce a suo fratello. Rimasto
da solo con il padre irascibile e in preda ai postumi, Cam uscì e guardò il
piccolo Canaan, che si era appena fatto la cacca addosso. Gli fece spallucce e
gli disse di andare a piangere dai suoi nuovi padroni, poi si ritirò su un
monte e telefonò a Dio.
“Signore, cosa devo fare?” E Dio rispose: “Beh, non c’è
molto da fare. Puoi essere contento che tuo padre si sia limitato a maledire
tuo figlio piuttosto che te, e poi puoi imparare alcune lezioni: uno, mai
aiutare tuo padre nel momento del bisogno, perché ti maledirà. Due, non importa
se si tratta di tuo padre, se vedi qualcuno nudo e ubriaco che si mette in
ridicolo ce l’avrà con te per sempre. Tre, lascia che gli ubriachi imparino ad
autoregolarsi.” E Cam disse: “Dio, aiutami! Aiuta mio figlio!” E Dio rispose:
“No. Chiedi a quel vecchio marpione di tuo padre di rimangiarsi la maledizione,
io non sono qui per aiutarvi. Io sono qui per darvi ordini e prendermi gioco di
voi mentre li eseguite nella speranza di andare in paradiso. Anzi, ringrazia
che non ho chiesto a tuo padre di sgozzarti per il mio sollazzo, quello ce l’ho
in serbo per Abramo, ma questa è un’altra storia. Ora mangia una pietra, oppure
ti mando all’inferno. Lol.”