a V.
dal più profondo.
Come torno a casa? Con quale coraggio mi ripresento a
casa? Lei è lì, sempre all’ oscuro di tutto, serena e tranquilla di una vita
matrimoniale che va nel migliore dei modi. Siamo una giovane coppia felice, di
privilegiati fondamentalmente. Almeno è l’impressione che diamo a chi ci conosce.
Questo grazie allo studio d’avvocato penalista di mio padre. Io? Laureato con
il massimo dei voti e l’esame di Stato, per seguire le orme di mio padre,
superato al primo tentativo. Non mi è mancato mai niente grazie ai miei
genitori; ho fatto una vita piuttosto rilassata. Se da piccolo volevo un
gelato, non mi veniva mai negato, così come neanche i giocattoli più costosi e
poi più tardi automobili e motociclette. Una Lamborghini Mallardo, voglio dire!
La volevo e mi è stata fatta trovare, proprio con gli inserti al paraurti di
rosso fuoco sfumato. La terrazza che affacciava sul golfo! Quando Eleonora la
vide per la prima volta ebbe un fremito e i suoi occhi verdi divennero lucidi.
Quegli occhi! Mi accarezzarono ricoprendomi di ammirazione. Le sue dita si
intrecciarono alle mie e sentii un brivido anch’io. Insieme stavamo, già solo
con il pensiero, costruendo quello che sarebbe stato il nostro futuro
appartamento. Già immaginavamo le pareti di colori pastello che sarebbero
risaltate da illuminazioni calde, soffuse con qualche faretto solo per le
occasioni importanti; immaginavamo un grosso tappeto nel salotto e un impianto
audio che avrebbe raggiunto ogni angolo della casa. Volevamo librerie piene
zeppe di libri, che probabilmente non avremmo mai letto, ma per i nostri figli
avremmo fatto questo ed altro. Sarebbero dovuti crescere nel migliore dei modi,
non avremmo fatto mancare loro niente. Immaginavamo una famiglia perfetta, di
quelle che trovi continuamente nelle pubblicità di biscotti e merendine.
Apparentemente ci riuscimmo. Eravamo così all’occhio di tutti. Tutti mi
invidiavano quella bella moglie, quei due fantastici ragazzini, Eva e Riccardo,
sempre sorridenti, biondi come l’oro, quella fantastica casa con la terrazza
sul golfo e quella macchina che ringhiava come un cane da guardia. La mia vita
è il sogno di tutti. Un sogno che si è infranto. Dalila è lì stesa, che dorme
come un angelo, con le sue curve messe in risalto dalla luce lunare. Quel suo
profilo placido, linee di eyeliner sciolte, estese in basso lungo le gote e i
suoi capelli scompigliati. Lei è tranquilla. Lei non ha tutto quello che ho io.
Siamo in questa bettola del centro storico all’ultimo piano, è la sua camera.
E’ la mia nuova segretaria. E’ giovane, è fresca, è così terribilmente
imperfetta che non le ho resistito.
Lei cattura tutti i loro sguardi.
Chi, Dalila?
No, la tua vita,
idiota! Guardati allo specchio! L’invidia di quella
massa di persone che tu consideri amici,
fino ad ora era come combustibile per te, sbaglio?
No, in realtà non sbagli.
Ovvio che non sbaglio,
nessuno meglio di me e quindi di te, lo può sapere. Svegliati! Ti rendi conto
che tutto gira intorno a te? Tu e la
tua ricchezza, la tua serenità familiare, siete il modello massimo da
raggiungere per questa società. Tu, la tua bella casa panoramica con tutti i
comfort, tua moglie soddisfatta dei suoi nuovi tappeti Giushegan e del colore
delle tende o della cena che ha preparato a quei due ragazzini così allegri e
viziati. Sì, perché li state viziando! Racchiusi in quella
sfera di vetro così fragile eppure così ben conservata da voi due. Colpevoli.
E’ quello che siete nei confronti di quei due piccoli esseri, che troppo tardi
conosceranno il dolore e non sapranno come affrontarlo. Sì, proprio come te in
questo momento. Guardati, sei stravolto! Manco avessi perso tuo padre di
infarto. Ti sei solo lasciato andare alla passione, ti sei solo lasciato andare
in un luogo a caso, con un letto che cigola e gli infissi che lasciano
infiltrare qualche spiffero gelido. Guarda come è bella Dalila, non la invidi?
Se ne frega di tutto, le basta lasciarsi andare quando è affamata di passione.
Le basta affacciarsi e vedere quello che succede nella casa di fronte, che poi
se allunghi un po’ lo sguardo anche da qui si vede il golfo, guarda lì! E’ solo
un’altra prospettiva, è diversa da quella che stampano sulle cartoline per i
turisti, ma non significa che sia meno bella. Cos’è bello? Tu sei bello? Tua
moglie, giovane, sorridente e contenta per le tende che coprono il suo tanto
amato panorama da cartolina del cazzo? I suoi occhi verdi? I tuoi figli biondi
e perennemente allegri con il loro italiano perfetto senza inclinazioni
dialettali? La tua Lamborghini con il paraurti rosso sfumato, il tuo orologio a
pendolo ereditato da generazioni, che vale chissà quante centinaia di migliaia
di euro? Il tuo conto in banca? E’ davvero tutto ciò, considerabile il canone
di bellezza? Tu vuoi essere il modello di questa società? Ma cosa ti resta
dentro? Su, rispondi!
Ma cosa … ? Io, ho bisogno di alzarmi, di prendere aria, di
bere qualcosa!
Ecco, bravo! Fatti un
bicchierino di vodka e affacciati a quella finestra per disprezzare la
prospettiva.
Cosa vuoi da me?
Cosa potrei volere da
te? Visto che io sono te, voglio solo il meglio per me, quindi anche per te.
Voglio farti ragionare, voglio farti capire. Voglio dare un senso a tutto ciò.
Rifletti: pensi che ci sia un senso profondo alla tua vita? Voglio dire, se
avevi tutto perché l’hai infranto con questa ragazza qui, una poveraccia in
confronto a te. Lei sicuramente non ha librerie piene come le tue, ma almeno li
ha letti i libri, li conosce nel dettaglio. Lei si emoziona quando legge un
passo interessante. Dalila dà un senso anche a quella bottiglia di vodka,
all’allegria che le procura.
Ti ricordi di quei tipi
che facevano quei balli popolari in una piazza qualche mese fa? Tu non ti
saresti lanciato mai lì in mezzo a ballare a ritmo di tamburelli e nacchere;
poi parliamo delle bottiglie di vino, che si passavano così generosamente tutti
quanti ridendo e scherzando. Dalila è il tipo che non si sarebbe fatta
problemi, ne avrebbe goduto. Perché lei sa che quella può essere allegria. Non
costa niente la vera allegria. Invece, per rendere allegro te e la tua famiglia
c’è bisogno di un vino costoso piemontese, ben invecchiato … che poi
diciamocelo, che cazzo ne capisci tu di vini? Oppure quella tua macchina
sportiva, fatta con tanta cura e attenzione, solo per te, e i suoi cavalli che
non sfrutterai mai in una città come questa. Ma giusto! A te eccita l’idea che
quando passi ti guardino tutti e nel caso in cui non lo facciano, basterà
premere leggermente l’acceleratore che il rombo del motore ridesterà subito i
loro sguardi ammiratori. Sei vuoto. Sei vuoto come quei libri che riempiono le
tue librerie, perché potrebbero anche esserlo, vuoti, tanto non te ne accorgeresti.
Un leggero strusciare
tra le lenzuola, tu sei alla finestra: è lei che si sveglia. Fa qualche verso
strano e un sospiro di soddisfazione. Ti chiede, Che fai?, con quella voce che
fa fatica ad uscire subito dopo il risveglio. Senza coprirsi si alza, nuda e in
punta di piedi, come se questa cosa le impedisse di prendere freddo alla pianta
e quindi al resto del corpo, si dirige verso la bottiglia di vodka, ne fa un
sorso per poi guardarti in attesa della risposta. E rispondile, Guardo il
panorama, è quello che stai facendo. Ti sorride, prende il pacchetto di
tabacco, una cartina e un piccolo filtro cilindrico, inizia ad arrotolare quel
po’ di foglioline secche, lecca, chiude e accende. Vado in bagno, ti dice.
Non riesco a capire, come fate ad essere così tranquilli, tu
e lei intendo.
Ma forse non ti è
chiaro che io e te siamo la stessa cosa, è solo che tu non mi rispetti, pensi
che esista solo la tua prospettiva, pensi che si possa vivere solo come ti è
stato insegnato. Ma dimmi tu, che senso gli dai? E’ una vita
ideale che si fonda su fondamenta false. Devi smetterla di credere che abbia un
senso quello che hai costruito fino a questo momento. Smettila.
Tu mi vuoi far impazzire! Cosa ho fatto per meritarmi questo?
Tutta questa confusione. La vita come la vedi tu non ha proprio fondamenta.
Quel tipo di vita avrebbe un senso? E poi non capisco, sono io che decido! Tu,
tu mi costringeresti ad andare in un
posto in cui io possa avere un senso? Un posto in cui la vita che mi
proponi tu abbia un senso? In questa società, ha senso la vita che ho io. La
famiglia, la casa, il posto di lavoro, un buono stipendio. Devi provarci almeno, a realizzarti in questo modo, non dico che tutti hanno le possibilità di
riuscirci, ma almeno bisogna tentare … Io, io non ammetto che non possa funzionare. Io nego il fallimento. Tant’è che ci
sono riuscito.
Chiudi quella bocca! Ci
sei riuscito, eh? Ma guardati, con il tuo completo Armani da duemilacinquecento euro, la cravatta artigianale e il Rolex al polso! Te li sei
guadagnati? No, sei uno schifoso privilegiato. Tu sei nato così. Quando tua
madre ti ha partorito urlava dal dolore come un maiale sgozzato, perché tu già
avevi al polso quel Rolex. Immagina che dolore ti deve fare un orologio come
quello che ti dilania tutte le pareti dell’utero.
Basta! Così mi fai scoppiare il cervello! Parla ad alta voce! Non ti sopporto più
così, sei totalmente senza senso.
Vergognati! In realtà
lo stai già facendo, non ti va più bene tutto questo. Non Ci va più bene!
Quando le situazioni non vanno più bene, devono essere cambiate.
Ma, ma … non puoi decidere tu, sono io …
Questo non sono io, questo sono io!
Questo non sono io, questo sono io!
Questo non sono io, questo sono io!
Questo non sono io, questo sono io!
Dalila, eccola tornata,
mi guarda in modo strano. Sei impazzito o cosa?, mi dice, Hai bruciato la tua
cravatta. Sì, l’ho fatto, le dico. Perché l’hai fatto?, Perché le cravatte non
sono importanti nella vita. Le scappa un accenno di risata, con un leggero
sbuffo dal naso, le spunta una fossetta oltre la curva del sorriso, bellissima,
una piccola imperfezione nella guancia destra, mentre gli zigomi alti le
allargano il viso in maniera armonica, così da far socchiudere gli occhi sporchi
di trucco sfatto. Non c’è bisogno di bruciarla comunque, mi dice, Sono stanco,
le dico io, Vuoi dormire?, mi fa lei di nuovo, Non ne ho idea … sono troppo
pensieroso, faccio io. Sospira e mi si avvicina, nuda, splendente di luce
lunare, mi accarezza il mento e mi dice, Be’ io mi rimetto a letto, se vuoi io
sono lì ad attenderti in tutti i sensi, se mi addormento svegliami, qualunque
cosa tu voglia fare, se vuoi parlare, se vuoi bere qualcosa, se vuoi farlo, se
vuoi andare via. Va bene, le dico. Mi alzo, solo in boxer, La Perla,
artigianato bolognese, costano tantissimo. Hanno fatto il loro tempo. Li levo e
li butto via. Il completo Armani devo per forza indossarlo, così come la
camicia fatta su misura, ma dureranno ancora poco. Eccolo, l’orologio, quello
che ha fatto sanguinare la mamma quando sono nato. Ho un posto adatto a te,
vado in bagno e lo butto nella tazza. Il rumore è quello di quando da bambini
si buttano dei grossi massi in acqua per sentirne le particolari vibrazioni
sonore, basse. Non andrà mai giù per il tubo, a meno che … Prendo lo scopino da
bagno e inizio a colpire con forza il Rolex, riducendolo in centinaia di
pezzettini, quindi pigio lo scarico. Che liberazione. Ritorno da Dalila, non la
sveglio, l’accarezzo soltanto e la ringrazio. Prendo le chiavi ed esco di casa.
Mentre scendo le rampe di scale sento la libertà dei miei genitali, sospiro
sereno, perché mai mi sono sentito in questo modo: Libero. Esco in strada,
cammino euforico per vicoletti silenziosi eppure così vivi. Le mie scarpe Santoni risonano sui sanpietrini, circa seicento euro di scarpe su piscio di cane,
polvere, mozziconi e vomito di vino. Cosa cambia tra un paio di scarpe Santoni
e un paio di infradito di gomma in questo momento? Nulla. Ecco il garage, premo
il bottone dell’ascensore, si apre subito, nessuno l’attende a quest’ora, ma
che ora è? Non posso saperlo più ormai, ma in fondo, che importa? Scendo al
menodue, si aprono le porte ed eccola lì: lucida, brillante, nera con il
paraurti rosso fuoco. L’ho lavata appena stamattina. Nei suoi vetri fumé puoi
specchiarti! Disattivo l’allarme, entro, l’accendo e si parte. C’è la barriera
automatica che pretende che io abbia pagato, premo l’acceleratore e neanche un
secondo dopo la vedo schizzare via. Rallento, prendo il portafogli, lo svuoto
delle varie AmericanExpress, Visa, Mastercard
e le butto nei pressi dei resti della barriera. Riparto, veloce, veloce,
veloce fino ad arrivare alla stazione di servizio, la prima che incontro.
Scendo dall’auto, non c’è nessuno. Inserisco una banconota da cinquanta. Ma sì,
non mi importa. Riempio una tanica con parte della benzina che mi spetta, poi
continuo a tirarne altra fuori con la quale cospargo la mia bellissima auto.
Restano ancora dieci euro, cospargo i distributori. Finita. Prendo la tanica e
creo una scia di benzina che passa dal distributore alla macchina e dalla
macchina fino all’uscita della stazione di servizio. E’ arrivato il momento: mi
accendo una sigaretta e faccio i due tiri più profondi della mia vita, tanto da
farmi lacrimare. Addio vita di un tempo! Al diavolo tu e quel privilegiato che
mi avevi fatto diventare.
Sei completamente falsa.
Lascio cadere la
sigaretta. Corro via, per almeno cinquanta metri. Un boato, terrificante, un
vento improvviso di circa tre secondi, rumori di vetri infranti, allarmi di
tutti i tipi: abitazioni, automobili, motociclette. Mi volto ed è solo fuoco e
fumo corposo. Scoppia un altro distributore. Non sono mai stato in guerra, ma
credo che debba essere qualcosa del genere. Per un attimo un brivido di
eccitazione percorre la mia schiena. Mi sento libero.
Cosa hai
fatto? Hai perso la testa? Perché tutto questo?
Fai silenzio tu, non la
senti questa sensazione? E’ come una scarica elettrica dentro di te, puoi fare
quello che vuoi. Non devi più preoccuparti di come apparire ad una riunione di
lavoro con un cliente, che abito devi indossare, che orologio mettere e che
profumo scegliere. Non devi più preoccuparti di avere come moglie una donna che
sarà sicuramente ben giudicata dagli altri, seppure fondamentalmente non abbia
qualità. Almeno non le qualità vere, quelle che stai, quelle che stiamo,
sperimentando stasera. Hai portato avanti quei valori malati, che incarnano una
società corrotta, che son belli solo all’apparenza, ma dietro quella bella
facciata tu non nascondi il Male, tu non sai neanche dove sta di casa il Male!
Se così fosse ne godresti, godresti del Male. Saresti un tipo strano, certo, ma
almeno sincero con te stesso. Tu hai mentito persino a te stesso. Cioè a me.
Hai mentito a me! E io sono stanco … Rifletti: Potrebbe essere un fardello pesante restare
fedeli alle proprie parole? I propri valori, le proprie convinzioni, i
propri ideali così coscientemente portati avanti da tradizioni malate nella
storia e infine inculcati a te? Hanno fatto il loro tempo. Ora decido io. Mi
levo questa giacca e la regalo a quel barbone senza interessarmi minimamente
del suo valore, non sono più affari nostri. Abbiamo una missione da terminare.
Che bello passeggiare lungo il mare. Mi mette pace. Lui è la natura, lui è la
vita. Non mi inquieta più, come quando ero bambino. Ricordi quel gioco che
facevo spesso quando ero in nave e ci passavo la notte? Scorrazzavo per il
ponte, mi aggrappavo alla ringhiera e mi affacciavo. Cercavo di guardare prima
in basso la schiuma che formava l’infrangersi dello scafo contro le onde, poi
l'allungavo all’orizzonte. Un orizzonte che non c’era, perché era tutto nero,
mare e cielo cuciti. In quel momento immaginavo, immaginavamo, te lo ricordi?
Immaginavamo di essere lì, in mezzo al mare e questo pensiero ci inquietava.
Immersi nell’oscurità più totale, non potevamo sapere cosa ci fosse sotto di
noi, dietro di noi e di fronte a noi. Ora non mi fa più paura. Adesso il mare
lo sento come un fratello. Siamo quasi arrivati, eccola lì la tua tanto amata
terrazza. E’ tutto spento, ovvio, non potrebbe essere altrimenti a quest’ora per
una buona famiglia come la tua. Sali, sali, sali veloce le scale. Sali. Sali.
Sali. Ancora sali. Alla fine eccoti, infili la chiave e ti ritrovi nel buio
silenzioso del salotto con la luce lunare che punta qualche scaffale. La
libreria.
No aspetta, cosa vuoi fare?
Tu non dai più ordini.
Guarda che io ci sono ancora qui, non te lo permetterò, non
ti permetterò di fare una follia come questa.
Perché sarebbe una
follia? Tu non sai neanche di cosa trattano! Smettila di fare il buffone.
Li bruciamo? Vuoi distruggere questa libreria, questa casa,
queste persone? Non farmi mettere contro di te, se lottassi per una vita intera che ne sarebbe del mio corpo? Del
tuo corpo. Del nostro corpo. Questa è una lotta troppo grande, contro un intero
mondo, contro la società dominante. Cosa ne sarà di noi. Cosa ne sarà della
nostra vita? Un guscio vuoto. Il pasto di
quale demone?
Io sono il demone. Tu
sei il demone. La tradizione è il demone. Smettila di dire cazzate. Non
brucerei mai i libri, solo un ignorante insensibile come te potrebbe pensare
una cosa del genere. Nazista. Voglio prenderli questi libri e leggerli tutti!
Guarda, così si fa.
Stai facendo troppo rumore. Così li farai svegliare.
Al diavolo.
Ecco Eleonora.
Ma cosa vuole, non sono
affari suoi. Le hai dato tutto quello che vuole e le permetti di intromettersi?
Cosa fai, mi fa, Sfoglio dei libri, le rispondo calmo, A quest’ora?, mi fa di
nuovo lei, Ne avevo voglia adesso, perché che ora è? Sono le quattro passate …
ma che ti è successo?, mi dice sconvolta, Cosa deve essermi successo?
Inizia ad infastidirmi, vedi di farla stare zitta.
Ma, ma … non hai la
cravatta, la giacca, sei tutto sudato sembra quasi che tu abbia bevuto!, mi
dice sbadigliando, Infatti ho bevuto, la cravatta l’ho bruciata e la giacca
l’ho regalata ad un barbone, le dico tranquillamente. Sei fuori di testa?,
ride, No, se proprio vuoi saperlo mi sono scopato la nuova segretaria e ho fatto
scoppiare la Lamborghini in un distributore di benzina, alzo lo sguardo e le
sorrido. Corruga la fronte e mi guarda perplessa, Non è divertente, posa quei
libri e vieni a dormire, mi fa lei, Non sarà divertente per te, per me lo è
eccome, non scopavo così da anni e sapessi l’adrenalina dello scoppio!, le
faccio io. Spero che ti stia prendendo le responsabilità di quello che stai
dicendo, mi fa seria.
Se lo dico ci sarà un
motivo.
Qual è il problema?
Vuoi il divorzio? Ho fatto qualcosa che non va?, mi dice disperata iniziando a
piangere, Sei proprio fuori strada tesoro, ho semplicemente capito che questa
non è la mia strada, le dico continuando a sfogliare un libro. Tu sei impazzito
… sei uno psicopatico, inizia lei ad urlare, Vattene e torna quando credi di
aver ritrovato il senno, continua lei ad urlare. Eleonora, smettila di urlare,
che sveglierai i bambini, le dico io serio. Si sente un “Mamma” da un’altra
stanza. Viene ripetuto più volte. Eleonora si lancia su di me e mi prende per
il colletto, Non permetterti di fare la parte del padre premuroso in questo
stato, mi fa lei, Stai alla larga, continua lei. La prendo per i polsi e glieli
stringo tirando le braccia verso il basso, Tu devi smetterla di urlare come una
gallina, le faccio. Lei mi guarda terrorizzata e inizia a piangere. Ora vieni
con me, le faccio, Voglio guardare il panorama con te, come facemmo la prima
volta che venimmo in questa casa.
Guardiamo il panorama,
ma le nostre mani non sono intrecciate, sono io a stringerla, siamo sul
terrazzo e aria fresca entra nel salotto. Lo sento di nuovo, Mamma, mamma,
mamma! E’ Eva, nel salotto in questo momento. Ciao tesoro, le faccio, Ciao
papà, mi fa lei, Che fate tu e la mamma?, continua lei. Eleonora si intromette,
Eva, amore mio, torna a letto. Io le mollo un ceffone, mi dà proprio i nervi
tua moglie.
E’ anche tua moglie.
L’hai scelta tu.
Stai esagerando.
Perché fate così,
piange Eva, non litigate, io vi amo sempre tantissimo. Oh, no tesoro, ma anche
noi ti amiamo, le dico io, E’ solo che tua madre deve farsi gli affari suoi.
Eleonora piange, le stringo i polsi sempre più forte, la spingo verso il
parapetto.
Cosa diavolo fai?
Papà che stai facendo?,
mi fa Eva.
Smettetela! Da stasera
decido io! Eva tesoro, sono stato un cattivo padre, stasera ti insegnerò che
tutto quello che ti abbiamo inculcato fino ad ora non è altro che finzione!,
inizio ad urlare io. Mi viene da piangere e il cuore è come un tamburo. Sarò un
bravo padre per la prima volta nella mia vita, i miei figli impareranno
qualcosa! La tengo sempre più in bilico.
Perché lo stai facendo? Non c’era bisogno di arrivare a tutto
questo, non farlo. Perché? Perché?
Papà ma perché? Perché
fai così? Lasciala stare!
Eleonora urla, No! No!
No! Smettila, lasciami andare! Perché fai così? Non ti ho fatto niente, perché?
Io piango.
Perché? Smettila! Perché?
Papà, perché? Non lo
fare, ti prego! Perché?
Tesoro,no! No! No!
Noooo!
La spingo giù.
La spingiamo giù.
Perché? Perché? Perché?
Perché? Perché? Perché?
Perché niente dura per
sempre.
Perché
Niente
Dura
Per
Sempre.