Citazioni


martedì 8 aprile 2014

Bianco e nero

Le sei del mattino.
Il paese è avvolto da una quasi innaturale calma, un silenzio intervallato solo dal gracchiare ora lontano ora vicino di una cornacchia, l’uggiolare di un cane che sfuma dietro il bordo della collina, i primi uccelli mattinieri che si svegliano. La notte è ancora nera, ma il foglio è bianco; dal buio nasce la luce, dall’oblio del nero emergono le amnesie candide. 
Lo yin e lo yang dello scrittore. Due colori che si rincorrono, senza mai prendere il sopravvento,in un ciclico periodo. È come stare al mare: adagiato sulla barca che è il mio letto osservo il mare nero del cielo, ma senza stelle, dunque senza pesci da pescare. Le poche, sparute macchine che iniziano a sentirsi per strada hanno lo stesso ritmato e lento sciabordio delle onde, ora lontano, ora vicino, ed il suono è già svanito dietro la prima curva, molto oltre i limiti del mio udito. Una notte che è si nera ma anche bianca, perché mi tiene sveglio. 
La campana che rintocca la mezz’ora ha il suono pulito e ridondante che vibra nell’aria immota, come quello che immagini sia il suono della campana di un porto, o quella del faro. Un foglio che è si bianco ma vuole diventare nero, e attende d’essere riempito di lettere scure, minuscole imbarcazioni di pescatori dalle mani provate dalla corda e dalla salsedine, le barbe crespe, la pelle del viso arrossata. I calli che hanno sui palmi delle mani sono sinagoghe della fatica che si stagliano contro un cielo prima grigio, ora color vinaccia,segno imminente di un sole che ha appena aperto un occhio, e si stiracchia sotto le lenzuola. Il gracchiare rauco delle cornacchie è aumentato di volume, e sembrano gabbiani in estasi per l’odore delle viscere dei pesci appena sventrati sulla riva. Uno o due scendono di quota e zampettano vicino alle reti, in cerca di scarti da beccare freneticamente, prima che il solito gesto svogliato e poco convinto del pescatore li faccia di nuovo volare via, per poi andare a scendere di nuovo di quota, nella nuova ricerca di altri scarti da mangiare. Yin e yang.
E i calli dei pescatori sono sinagoghe e i loro capelli stoppa bianca, e mi ricordano mio padre e il suo profumo di ferro, e mio padre pescatore non lo è mai stato. La campana della prima messa suona, i pescatori bestemmiano, le vecchie signore con lo scialle finiscono di bere il loro caffellatte caldo, in una cucina silenziosa e fredda, dove l’unico segno di vita è il canticchiare monosillabico dell’orologio appeso al muro. Foto di vecchi mariti in bianco e nero, santini, odor di moltitudini di pranzi e cene consumate negli anni e quello di un corpo ormai stanco, più penetrante e forte. Forse anche quello di qualche gatto.
Sono odori e colori lontani da me. Chiudo la finestra per ottundere via tutto, e mi immergo sempre di più nel materasso della mia barca, del mio letto, ad ondeggiare. Man mano che sprofondo il sonno mi coglie, mentre la gente sta per svegliarsi. Man mano che riempio questo foglio bianco con lettere nere il cielo scuro si schiarisce. Yin e yang. Non si mischiano, non si combattono: si rincorrono, si spingono in un cerchio reciproco, solleticandosi a vicenda a compiere un giro. Più il sonno mi appesantisce lo spirito più sogno d’essere sveglio.

Ora il foglio è pieno, il mattino è iniziato.


2 commenti:

Bob ha detto...

Mi piace come le varie metafore si intrecciano, o meglio, si rincorrono. E quella del bianco e del nero sul foglio è un'idea a cui non avevo mai pensato.

Il Losco ha detto...

Mi complimento anche io per l'originalità, dottoro, mi hai piaciuto molto!