Citazioni


lunedì 7 luglio 2014

Settembre

Questo racconto è nato
da una collaborazione tra
Ro La e Arhal.
 


Camminare.


Scalzo, coi sandali, come vuoi, vai dove ti porta il cuore, ma dove se hai la tachicardia?
Ci arrivi lento, con la gamba di legno, ci arrivi come Settembre che domani ti svegli e le foglie si sono già fatte cartapesta, e bisogna attaccarle al collage che abbiamo lasciato sospeso ad Aprile, prima del grande caldo, delle nottate dal sudore profumato e dolce di crema solare, dalla pelle color pane cotto, pane abbronzato dai semi di segale.

Settembre si è già accomodato, ha freddo, ma ancora non lo sa. Sogno di una notte di fine estate, ma anche “Crisi d'identità di Settembre”: incastrato tra due stagioni, indeciso sul da farsi, capriccioso come i bambini al parco giochi che pestano i piedi per terra per fare un altro giro sullo scivolo.

E allora scivola, la discesa è breve e veloce e intensa come solo i bambini pensano che sia: è Giugno, Luglio e Agosto. Settembre è quel contraccolpo che senti quando arrivi a fine corsa, appena poggi i piedi a terra per fermarti, è il piccolo colpo di reni che dai per alzarti. Ottobre lo passi a tornare ai gradini di legno, sentirne l'odore particolare, rimanere un attimo in fila dietro ad altri bambini, Novembre è comodo, sei quasi arrivato, una volta in cima è tutto un Dicembre, Gennaio e Febbraio; Marzo ed Aprile quando ti siedi pronto per scivolare, Maggio l'estasi prima della discesa, Giugno, Luglio ed Agosto l'abrasione del metallo sulle natiche, il piccolo groppo alla gola, la velocità, il capolinea.

E così via, anno dopo anno.
E anno dopo anno le cose finiscono e le cose iniziano di nuovo, perché ogni giorno è un capodanno da festeggiare, da dimenticare, da passare a casa o da farci quello che vuoi.
Ma Settembre è sempre lì incastrato, e non sa cosa fare, dove andare, a chi telefonare.

E poi nessuno sa dove mi trovo, ma, alla fine dei conti, è importante? Ciò che conta è proseguire, ogni notte, a prendere sonno, a riposare senza incubi, e svegliarsi fresco fresco la mattina.
Cosa che non accade a Settembre, ma neanche a Luglio, ma nemmeno a Gennaio o Aprile.

E quindi cammino su vetri infranti, lanciati da chissà chi in preda a rabbia o disperazione, solo che a volte ci cammino scalzo, a volte coi sandali, a volte con gli anfibi. E allora le punte, e il sangue, si sentono di meno, o di più.

Vorrei guardarmi allo specchio e trovarmi cambiato, come per magia, ma invece no, le cose bisogna sudarsele e sentire il cambiamento sulla pelle ogni giorno è una cosa che mi blocca l’aria nel petto e mi soffoca tutti i respiri.
Il cambiamento che striscia, un po’ viscido, un po’ ruvido, su di me, dentro me, e che quando passa un po’ più rumorosamente, con quel suo canto da sirena, mi fa ripensare a tutte le volte in cui sono stato felice e a tutte le volte in cui sono stato triste.

E, in ogni caso, sono malinconico. Cambio, ma resto malinconico.
Sicuramente, se dovessi dare un secondo nome alla malinconia, sarebbe Settembre.
Il mese delle cadute, è vero, ma quando cadi senti tutta l’aria uscirti all’improvviso dai polmoni, come un colpo di tosse esasperato, e poi, inevitabilmente, devi ricominciare a respirare: come quando nasce un bambino e lo sculacciano per insegnargli a vivere.
Se si inizia tutti così, come potrebbe essere il seguito?

 
Un altro passo.

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