Israele, valle di Elah, mezzogiorno di fuoco.
Golia, un omaccione
alto sei cubiti ed un palmo, esce dalla sua tenda con i malesseri di una
sbronza. La guerra infuria, ma all’accampamento dei Filistei c’è sempre del
tempo, la notte, per gozzovigliare con capretto arrosto e vino, giusto per
dimenticare le cose brutte che si sono viste durante il resto della giornata in
mezzo alla calca della battaglia. La forte emicrania ed il sole cocente non
aiutano di certo Golia a riprendersi, che decide di andare all’abbeveratoio dei
cavalli per immergere la testa nell’acqua, speranzoso in una veloce ripresa
dalla sbornia. L’odore acre del letame e
dell’urina degli animali ammassati a pochi metri da lui lo schiaffeggia,
svolgendo il compito che l’acqua non riesce a fare, per quanto la testa del
nostro eroe rimanga immersa nel liquido relativamente fresco per più di dieci
secondi. Con ancora lo sguardo bieco e
la voce rauca Golia si reca, passo pesante e strascicato, alla tenda comune,
dove spera di riuscire a raccattare qualcosa da mettere sotto i denti.
<<Giorno di tregua!>> urla qualcuno appena
scosta un lembo della tenda, andando a sedersi nella prima panca libera che
trova. Attorno a lui i soldati dell’esercito sono impegnati, chi più chi meno,
in accese discussioni , mentre si passano tra di loro brocche e svariati pezzi
di carne arrosto.
L’atmosfera non sembra quella di una comune giornata di
guerra, non c’è nessuno che urla, nessuno affila le proprie armi, meno che mai
si vedono in giro uomini con indosso le proprie armature.
Giorno di tregua ripete Golia nella sua mente, sporgendosi un poco
per afferrare una ciotola con il solito
capretto arrosto e del formaggio, passatagli da un giovane guerriero alla sua
destra.
Mentre mangia al suo tavolo
iniziano a sedersi altri soldati dall’espressione rilassata, chiaro segno che
anche a loro è giunta notizia della recente tregua indetta tra il loro esercito
e quello del re Saul, che come tutti sanno non se la sta passando molto bene in
fatto di vittorie. C’è chi parla di un improvviso attacco nemico, e che si
farebbe bene a stare all’erta, ma il fautore di questa proposta viene subito
messo a tacere. << Impossibile>>-dice uno- <<abbiamo degli
ostaggi: scambio equo/consenziente da parte di ambo le fazioni. Evidentemente
re Saul sta pensando a come riuscire a tenersi stretto quel poco di territorio
che ancora non gli abbiamo conquistato, ahahaha!!>>.
Risa di consenso. Golia
si lascia scappare un sorrisino: in fondo non hanno tutti i torti. In fondo in
fondo siamo noi i migliori, pensa, e la guerra procede bene. Solo il tizio alla
sua destra non ride, ma anzi rimane serio e guarda tutti i presenti al tavolo
in faccia, mentre aspetta che finiscano di schiamazzare. Solo quando l’ambiente
si è calmato parla, attirando immediatamente l’attenzione di tutti.
<<Ci sarebbe questo Davide…>> dice con aria
vaga, portandosi lentamente alle labbra la coppa ricolma di vino. Mormorii,
sussurri. Sguardi. Golia lo osserva meglio, ora, e nonostante il suo post
sbornia sia ancora attivo e pulsante nella sua testa, anche se di meno ora,
giura di non aver mai visto quest’uomo. <<Voglio dire, pensateci >>
continua lo straniero, tra un sorso di vino ed un altro, <<le voci che
girano sul suo conto le avete sentite tutti, no? Questo qua arriva alla corte
di Saul come menestrello, quando a malapena prima era un pastore come la
maggior parte di tutti noi, e puff!, di punto in bianco viene unto e bisunto di
olio sacro e allora ciao ciao Saul, non sei più il prediletto del Signore,
grazie ed arrivederci.>>
Momento di silenzio tra gli astanti. Lo straniero, dopo
l’ennesimo sorso di vino prosegue. Golia non si perde una parola.
<<Mi spiego… cosa ha fatto Saul di male? Solo perché non ha cancellato
dalla faccia della terra gli Amaleciti non significa che non fosse una buona
persona! E poi, diamine, che gusto c’era a sterminarli tutti…si, sarebbe stata
forse una delle poche vittorie decenti di re Saul, quella – (risate tra i
guerrieri)- ma era davvero poca roba…io, per esempio, lavoravo come artigiano
in una bottega, e il mio capo era un vecchio noioso e scontroso.
“Fatebenefratelli” si chiamava il laboratorio, e quello scimunito si era messo
in testa di creare vasellame e roba varia per la gente del villaggio, convinto
di fare del bene!>>
<<E questo cosa c’entra?>> chiese Golia, che
ormai era tutto orecchi.
<<C’entra, mio caro, che sono stato licenziato nove
giorni fa perché non sapevo fare i coperchi delle pentole, nonostante fossi il
migliore nel mio settore. E quando ho avuto la brillante idea di andare dal
padrone della bottega per dirgli che ero stanco dei suoi ritmi di produzione e
che era meglio se mi affidava l’incarico di suo vice, con la quale avrei potuto
aiutare meglio altri artigiani che magari i coperchi sapevano farli, quello sai
cosa mi dice? “Sei licenziato!”. E poi chiama suo figlio Gabriele che mi tira
una pedata nel culo e mi butta fuori in strada. E ora sono qua a fare il
mercenario>>.
Altri mormorii.
Soldati che sussurrano “ha ragione” e “che padrone incompetente”.
Qualcuno annuisce con la testa. Golia, dal
canto suo, ancora non riesce a capire dove lo straniero voglia andare a parare.
Come se gli avesse letto nel pensiero, quest’ultimo incalza. << Ve lo
ricordate Caino, quel pastore di Enoch? Quello che era finito su tutti i giornali
perché aveva ucciso il fratello… ora, io non voglio dare giudizi e pareri, ma
mi spiegate perché coso lì, Abele, il fratello, era il prediletto del Signore e
Caino no? Perché Abele offriva al signore
le primizie del suo orto e del suo pascolo. E Caino invece, povero scemo
che voleva mangiare e vivere un minimo in decenza (perché non so se vi siete
guardati attorno, ma qua in questa regione sassi e polvere la fanno un po’ da
sovrani) offriva al Signore cose di seconda mano, chiamiamole così. Mi capite ora? >>
<< In pratica mi stai dicendo che se sono il
prediletto del Signore ho vita facile?>> chiede Golia.
Orami tutti i
soldati presenti al tavolo si sono
sporti verso di lui e verso l’estraneo, nessuno fiata, sono tutti
concentratissimi. Il guerriero mercenario
sorride, sporgendosi all’indietro con un’espressione del tipo “qua ti volevo”,
puntandogli contro un dito e sbattendo la sua coppa sul tavolo.
<<Esatto!>> grida, facendo trasalire un po’ tutti; <<Esatto!!
Ma ti rendi conto che lo stesso re Saul ci ha mosso guerra perché il presidente
della nostra regione è Dagon? E dire che io conosco pure suo figlio, Baal, e
posso dirti che sono entrambi delle splendide persone! E ti pare che Dagon sia
venuto qua al nostro accampamento ad ungere e bisungere uno qualsiasi di noi e
nominarlo suo campione o chessò io? No! Ecco perché, tornando al discorso
principale, ce l’ho a morte con questo Davide, perché è il solito accozzato di
turno! Certo in battaglia a poco serve, però sempre un accozzato
rimane…>>.
Ora tutti gridano il loro assenso. Qualcuno applaude addirittura. Dagli altri
tavoli iniziano ad arrivare altri guerrieri, incuriositi da tutto lo
schiamazzo, e qualcuno spiega loro velocemente il succo di tutta la
discussione. In breve tempo una calca di soldati che bevono e mangiano si fa a
cerchio attorno al tavolo dove Golia ed il mercenario tengono il loro
conciliabolo. Le panche vengono spostate, i tavoli ammassati in un angolo.
<<Prendi quel
sacerdote di cui tanto si parla, quello che vive nella terra remota oltre il
mare…H’arrii Potthar, credo si chiami così.
Senza tutti gli amici che lo hanno aiutato credi sarebbe riuscito a fare
tutto quello che ha fatto? No, sarebbe morto male nel giro di due giorni. E la
Leggenda dell’Anello? Te la ricordi?>>. Golia fa di si con la testa. Ha
finito l’ultimo libro giusto giusto il mese scorso, era diventato un vero must
tra i soldati dell’esercito Filisteo.
<<Oh, ecco. Ora, chi è che c’ha gli alleati migliori?
I buoni. I piccoli uomini che devono portare l’anello hanno maghi e sacerdoti
potentissimi dalla loro parte, il futuro re ha addirittura una spada per
comandare i jiin, i demoni dei non
morti! E invece su cosa può disporre il loro nemico? Su un sacerdote malaticcio
che ha come aiutante un uomo bavoso. Hanno si una grande armata, ma proprio
quando stanno per vincere due battaglie ormai segnate cosa succede? CHE
ARRIVANO SEMPRE GLI ACCOZZI A SALVARE CAPRA E CAVOLI!>>. La tenda diventa un putiferio, gli uomini
scalciano e gridano, c’è chi sguaina la spada e l’agita per aria, chi urla di
andare fuori e sfidare apertamente il campione dell’esercito di re Saul.
<<Perché ai
buoni vengono sempre dati gli aiuti migliori?>> sussurra ora il mercenario sconosciuto,
guardando dritto negli occhi di Golia, e riuscendo ad essere chiaro nonostante
tutto il frastuono.
Valle di Elah, pomeriggio inoltrato, tenda di Golia.
Le urla nell’accampamento ora sono molto più forti, si
sentono persino i rulli dei tamburi da guerra. Golia, in piedi in tutta la sua
possente statura viene aiutato dal suo scudiero ad indossare la sua armatura di
bronzo del peso di cinquemila sicli. Non dice una parola, quasi non respira.
Pensa.
Alle sue spalle l’eco ed il frastuono dei soldati va e viene come la
risacca del mare, segno che un numeroso contingente di uomini si sta spostando
verso il campo di battaglia. Indossata l’armatura ed impugnata la lancia Golia
si appresta ad uscire dalla tenda come ogni giorno dall’inizio della guerra,
diretto con sguardo impassibile verso le linee nemiche. Solo che oggi non ha in
mente di spaccare crani e squartare stomaci, oggi pensa alle parole che gli
sono state dette qualche ora prima, ripensa al mercenario sconosciuto. Sono parole che hanno un certo peso, eppure
lui confida in se stesso e nella sua abilità di guerriero. Ha deciso di sfidare
apertamente il campione dell’esercito di Re Saul. L’ostaggio scambiato per
sancire la tregua è poco più avanti di lui, coi polsi legati, scortato da due
uomini che, arrivati nello spiazzo libero del campo di battaglia, lo
rispediscono con sonori calci nel fondoschiena tra le sue fila,sommerso dai
fischi e dagli insulti dei Filistei.
Eccoci qua pensa
Golia, facendosi largo tra i suoi commilitoni, ed andando avanti da solo in
mezzo al campo di battaglia, mentre una moltitudine di uomini grida il suo nome
al cielo. Il mercenario aveva ragione: è
mai venuto Dagon ad ungermi con l’olio e a dirmi che ero il suo campione? Mi
sono stati dati aiuti di ogni sorta? No, eppure il soldato migliore tra tutti i
Filistei sono io. Vediamo di cosa è capace questo unto del Signore.
I suoi pensieri svaniscono proprio mentre Davide, il
raccomandato di cui tanto si sente parlare, esce dalle fila del re Saul.
Dimostra si e no tredici anni. Non ha un’armatura, ne un elmo, tanto meno una
spada, od uno scudo. La corazza manco a parlarne. Ha una bisaccia ed una
fionda. Il frastuono delle risate che si sente dietro le spalle strappa un
sorriso a Golia. Non ha bisogno di girarsi per capire che non stanno ridendo di
lui.
E’ alto si e no tre
cubiti e un dattero , pensa, rigirandosi la lancia tra le mani ed avanzando
di un passo, cosa potrà mai andare
storto?
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