“Che palle, non riesco a trovarla da nessuna parte…
vediamo, deve essere contrassegnata dal Codice di Differenziazione 4. Codice di
Differenziazione 4, Codice di Differenziazione 4, Codice di Differenziazione 4… Niente, non la trovo, maledizione. Aspetta, aspetta…
ecco, trovata!”
Lascio alle mie spalle il mantello, entrando finalmente
nella cella a cui sono stato assegnato.
Guardandomi attorno, non riesco a fare a meno di notare come il senso di sollievo provato nell’essere arrivato a
destinazione stia a poco a poco sfociando nell’apatia più assoluta. Una
ricerca infinita tra milioni di celle… e il paesaggio che mi si mostra è sempre
lo stesso.
Le solite Mura, piene di varchi così strettamente
sorvegliati, il solito Centro di Spedizioni, la Raffineria, l’ennesima, che
fornisce la cella dell’energia di cui abbisogna per mantenersi operativa.
L’ennesima cella, una delle tante di quel grottesco sistema, uno dei tanti
contenitori di quelle micro comunità tutte preposte a compiti così diversi tra
loro… ma con lo stesso, identico scopo: mantenere integro, efficace e sano il
sistema. E poco importa se la cella in questione è preposta all’attivazione
delle difese, come questa, o all’eliminazione fisica degli agenti disturbanti
il sistema, o sailcazzo cosa.
In effetti, l’unica cosa importante al momento è che io faccia il mio lavoro: liberare il sistema dalla Piaga.
Faccio per addentrarmi, sospirando, sentendo per
l’ennesima volta gli sguardi su di me. I soliti sguardi, un misto tra
diffidenza, stizza, magari semplice curiosità. Sorrido, amareggiato. Magari una volta
la sensazione mi avrebbe fatto sentire a disagio, ma dire che non ero
ancora abituato a reazioni simili equivale a mentire. Ho imparato con l’esperienza
che tutto è dovuto al mio Cappello. Un Cappello che mi conferisce lo stato di
viaggiatore. Che "virtualmente" mi rende libero dalle rigide catene del sistema che invece ancorano così strettamente i suoi componenti.
Che, in definitiva, mi etichetta come un estraneo.
Ignoro gli sguardi, lascio semplicemente che mi scivolino
addosso, mentre io scivolo lentamente verso il Centro, dove la comunità si
riunisce, dove devo eseguire il mio compito.
Un compito che, a dirla tutta, non mi entusiasma, non mi
attrae, non mi soddisfa... proprio per niente.
Ma, che mi piaccia o meno, non posso oppormi. Sono stato
creato per questo. Artificiale, sintetico. E’ tutto…scritto nei miei geni.
Lascio il Cappello all’entrata, penetrando nel Centro, di
nuovo a contatto con gli autoctoni. Solito loro entusiasmo, solita felicità che provano nel vedermi, solita speranza di riuscire finalmente a
liberarsi da quella tremenda piaga che minaccia l’integrità stessa del sistema…
Faccio orecchie da mercante, non permetto alle loro parole
di sciogliermi, di farmi sentire uno di loro. Qui dentro magari siamo tutti
uguali, simili, compagni uniti dallo stesso obiettivo, privi delle differenze
intrinseche che vi sono tra noi. Ma so già che non appena varcherò la soglia da
cui sono entrato, non appena avrò reindossato il Cappello che avevo lasciato
fuori… sentirò di nuovo quegli sguardi, che mi ricorderanno la semplice realtà:
che sono un mostro.
Annoiato, arrivo alla mia postazione, cominciando ad
adempiere al mio dovere: potenziare le difese, alla svelta.
Invio velocemente il progetto al Centro di Assemblaggio.
Mi sembra già di vedere i loro sguardi meravigliati, interrogativi, chiedersi
magari come sia nata l’idea per un progetto simile, come funzioni. Rido
all’idea che, in fondo, non lo so nemmeno io! Dentro di me ci sono le
informazioni, che meccanicamente, senza pensarci su troppo, trascrivo in quei
progetti. Tutto automatico.
I progetti danno poi vita a particolari
sistemi di riconoscimento, armi, pronte a riconoscere e dissolvere la minaccia
a vista.
Già…la piaga.
Ricordo ancora perfettamente le parole della prima
comunità che visitai…
“Sia ringraziato il cielo, sei arrivato! Ormai stavamo
per perdere la speranza… ci erano arrivate notizie della terribile minaccia che
fa tremare le fondamenta stesse del sistema. Notizie sconvolgenti.
Ci hanno riferito che è un mostro mutaforma, impossibile
da riconoscere definitivamente al di fuori delle celle, e che con questo
sistema è in grado di eludere le nostre difese, smettendo i panni che lo
mimetizzano solo quando ormai è già riuscito a penetrare. Dicono
anche che una volta entrato, inizi a sabotare il delicato funzionamento alla
base del nostro equilibrio, monopolizzandone i sistemi più profondi per
potersi moltiplicare, così da potersi espandere più velocemente. Dicono inoltre
che predilige le celle come la nostra, preposte all’attivazione delle difese, e
che il suo malefico influsso rende il Sistema vulnerabile…fino al suo
inevitabile collasso, tra milioni di sofferenze e dolori. Eravamo tutti
terrorizzati, rassegnati all’idea di vedere le sue mani stagliarsi sul sistema,
rovinando tutto ciò che tocchino, ma il tuo arrivo finalmente ci ravviva la
speranza. Al tuo occhio…lui non sfuggirà. Lui non riuscirà a nascondersi a te...”
… Perché io sono come lui. Forse peggio. Un mostro che
combatte contro altri mostri… dove andremo a finire?
Esco dal centro, scuro in volto, con l’unico desiderio di andare fuori da quella maledetta cella, di evadere, di estraniarmi da quell’aborto della natura che ogni secondo dimostravo di essere, eliminando i miei stessi simili, conscio che non potevo oppormi... che il ciclo non avrebbe mai avuto fine.
Esco dal centro, scuro in volto, con l’unico desiderio di andare fuori da quella maledetta cella, di evadere, di estraniarmi da quell’aborto della natura che ogni secondo dimostravo di essere, eliminando i miei stessi simili, conscio che non potevo oppormi... che il ciclo non avrebbe mai avuto fine.
Ed è assorto in quei pensieri che finalmente vedo
qualcosa di nuovo.
Sarà stata la millesima comunità che visitavo, che
potenziavo, che proteggevo, ma non ero mai riuscito a vedere da cosa li
proteggessi per davvero.
Il profilo del Mostro che terrorizza il sistema stesso
si staglia li, ora, di fronte a me, neutralizzato dalle macchine che IO avevo
creato.
Rimango scioccato nel vederlo. Per quanto io sia un
organismo geneticamente modificato, le differenze che corrono tra di noi sono… praticamente nulle. Perfino il Cappello… ha perfino lo stesso
Cappello.
Ed eccolo li. Il senso di appartenenza che tanto avevo
fuggito. Davanti a me ora c’è l’essere che più posso definire mio simile,
che a poco a poco si dissolve, sotto l’azione delle mie creazioni.
Ma per quanto voglia salvarlo, liberarlo da quelle
dannate armi di cui sono l’artefice… non riesco a muovermi. Rimango li, a
guardarlo attonito, e per ogni pezzo che si dissolve come polvere al vento mi
sento sempre più vicino al baratro.
Alla fine il suo sguardo si congiunge col mio. Rimaniamo qualche
secondo fermi, a fissarci.
“Sei tu, allora…”
Poche parole, che mi fanno trasalire da quello stato di
trance in cui ero caduto
“Mi avevano detto che uno di noi era stato manipolato,
schiavizzato, trasformato in un’arma contro i suoi stessi simili… maledizione,
se non ti vedessi non ci crederei… Ma guardati. Come ti fa sentire l’essere
sfruttato in questo modo? Ho pena per te, fratello. Veramente, perché per
quanto la mia vita stia giungendo al termine, per quanto magari l’accozzaglia
che popola questo buco possa reputarmi un “mostro”… almeno sono libero. E tu…
tu invece non puoi nemmeno decidere di salvarmi. Diavolo, io porto il caos in questo
sistema del cazzo, lo scuoto nelle fondamenta, lo faccio collassare sui suoi
stessi deboli pilastri, ma almeno sono coerente con me stesso. Se io sono un
mostro, tu, che agisci contro la tua stessa volontà, asservito da questo branco
di privilegiati che vedrà in te sempre e solo un’arma… Ti hanno snaturato,
amico mio. Sei solo il loro cagnolino ormai. Che qualcuno abbia pietà di te…”
E puff… volatilizzato. Scomposto in piccoli pezzi. Giusto
il tempo di chiarirmi ancora di più quanto io sia un abominio.
Sento le sue parole risuonarmi nella testa, come un eco…
un ritratto perfetto della mia situazione.
E' questo ciò che sono diventato, un fratricida. Ho
sentito così tante volte il suo nome essere pronunciato con un senso di
disgusto, di terrore, che quasi mi ero convinto anche io che non fosse altro
che un mostro.
La verità, ancora una volta, è che il mostro sono io.
Già, perché per quanto lui potesse essere causa di distruzione, di caos, era fedele
a ciò che era. E io, io che sono stato creato in laboratorio, che sono stato
modificato per andare contro la mia stessa natura, contro tutto ciò che
simboleggio… Per quanto le comunità mi possano osannare, sono IO il vero
abominio. Il vero paradosso.
Il vero mostro.
Ora non sono altro che un simbolo di come la natura sia
disillusa, piegata nelle mani di creature che giocano a fare le divinità solo
per poter continuare la propria partita
con la vita, per poter dare ancora vigore all’illusione di poterla vincere.
E il risultato sono io. Un orrore, mascherato da trionfo.
Trionfo per gli esseri umani, che ancora una volta si voltano verso le
fondamenta stessa del sistema naturale, solo per riempirlo di sberleffi. Già
immagino cosa starà facendo ora il mio creatore. Lo vedo già, porsi tronfio,
davanti ai suoi simili---
Il dottor Kolher fu
sommerso dagli applausi al termine della presentazione. Aveva investito anni in
quella ricerca, si era sentito dare del pazzo, del visionario. Era andato
avanti da solo, anche quando tutti sembravano averlo abbandonato. Quegli
applausi scroscianti avevano quasi il sapore della rivincita. La sua intuizione
geniale era stata finalmente riconosciuta, e ormai non rimaneva che
raccoglierne i frutti. Sorrise compiaciuto, sentendosi quasi titubante a
fermare quella folla che inneggiava al suo genio.
Alzò semplicemente
una mano, e la sala stampa ammutolì.
Lo show era appena
iniziato
“Vi ringrazio
infinitamente per gli applausi, davvero, non è necessario. Volevo solo ultimare
la presentazione. Come avete potuto vedere, l’idea, benché all’apparenza
semplice, è incredibilmente efficace. Come sappiamo, una delle componenti che
rendevano maggiormente ostica la protezione dal virus dell’HIV era
l’incredibile variabilità degli antigeni presentati dal suo mantello
lipoproteico. Per ovviare al problema, ho quindi deciso di concentrare i nostri
sforzi unicamente contro le porzioni, meno variabili, presenti a livello del
capside. Sorgeva tuttavia un problema: queste componenti erano accessibili solo
all’interno della cellula. Per aggirare la difficoltà ho capito che l’unico
modo era potenziare le difese interne della cellula stessa! Una volta formulata
una particella di DNA che desse vita ad una proteina in grado fermare e
distruggere la particella virulenta, sorgeva l’unico dilemma su come esportare
la “cura” a tutte le cellule che ne necessitassero. In questo c’è venuto in
aiuto il virus stesso. Ho, infatti, utilizzato le sue strutture esterne, opportunamente
inoculate dal DNA, per poter, usando un termine improprio, “infettare” le cellule del soggetto con il DNA
curativo. Un virus per combattere un virus, insomma. E, per quanto possa
suonare come una pazzia, il sistema funziona! Posso, infatti, annunciare
ufficialmente che oggi il virus responsabile dell’AIDS è stato finalmente
sconfitto-“
Non riuscì a
terminare la frase che una nuova ondata di applausi lo sommerse. Sorrise
ancora, godendoseli tutti, per poi interrompere la folla ancora una volta.
“Un attimo ancora
di attenzione, miei cari, e poi non vi tedierò oltre, ve lo prometto.”
La parte finale del
discorso… e poi giù il sipario
“Dato il brillante
successo del sistema creato, mi sono detto: perché limitarsi? Con l’aiuto delle
migliori menti del globo, stiamo mettendo in atto un progetto su vasta scala
avente un unico scopo: eradicare totalmente le particelle virulente
responsabili delle patologie che tormentano la razza umana dalla faccia della terra. Già domani,
infatti, con lo stesso metodo metteremo fine alle piaghe che da troppo tempo ci
stanno schiacciando, così da poter finalmente dire addio alle epidemie. Dio
magari ci avrà lasciato in balia della tempesta biologica…ma l’umanità,
finalmente, sta per prendere saldamente in mano il timone! Vi ringrazio per
l’attenzione”
Un piccolo inchino,
ed ecco ancora le urla di acclamazione, il suono degli applausi.
Si girò,
abbandonando il palco, accompagnato dal sottofondo della gente che, finalmente…invocava il
suo nome.
3 commenti:
Compare, nel complesso posso alzare un pollice verso l'alto. Altri tuoi mi sono piaciuti di più, anche se questo ha il pregio di essere molto più scorrevole. Andiamo in ordine:
1) La prima parte è un po' confusionaria anche se so che l'hai scritta volutamente così.
2) Mi piace l'idea di umanizzare il virus e la cura, lo rende molto noir e superando la parte iniziale diventa molto più intrigante.
3) Anche il flashback finale del medico che viene acclamato dalla folla è inserito nel punto giusto, inizia benissimo e quando viene spiegata il funzionamento della cura non sei per niente noioso, anzi rendi benissimo l'idea senza rendere povero il tuo linguaggio
4) Il finale diventa eccessivamente grottesco, forse stona un po', mi ricordi decisamente molti dei racconti del russo Gogol', però nel complesso si può accettare.
Unica domanda mia personale: E' una metafora? Il sistema di cui parli indica qualcos'altro?
Comunque complimenti!
Beh si, il Sistema (che non è altro che il corpo umano in se), nell'ottica umanizzata creata dal Virus non è troppo dissimile da un regime alienante dove tutto è sottomesso alla sopravvivenza dello stesso e dove una Cella non ha altro compito che farlo sopravvivere, incurante della sopravvivenza della Cella stessa
Figlio, sai già!
L'idea è fichissima!
Bravo ammamma, che stiamo spendendo un sacco di soldi all'università <3
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