Citazioni


domenica 15 dicembre 2013

Spleen

Ho aperto il cassetto della mia scrivania per cercare qualcosa.
 
Non riesco a trovarla così ho spostato alcune cianfrusaglie, poggiandole sul piano, e ho continuato a scavare.
Mi chiedo come ci entrasse così tanta roba dentro, la più disparata: vecchi biglietti di autobus e tram di diverse città italiane e non, abbonamenti al Lucca Comics, spazzolini da denti, monete sparse, plettri, pupazzetti; non mi chiedo il perché siano lì, e non nella spazzatura da tempo, perché la risposta la conosco già: io non butto via niente. Conservo tutto, anche gli scontrini della spesa e i vecchi mensili dell’Ataf.
Il fatto è che ho sempre avuto la paura di dimenticare le cose, e conservare degli oggetti, seppur inutili, mi fa pensare che, quando voglio, posso riprenderli in mano e ricordare di quando un giorno ho comprato lo spumante e gli ingredienti per fare una torta perché la mia coinquilina si era laureata, o di quando un mio amico mi ha scritto “ciao” su un biglietto perché non ci vedevamo da tanto tempo.
 
Alla fine, tra le mani, mi arriva un piccolo sacchetto di seta che sembra vuoto: sfilo i legacci e dentro si cela una morbida arricciata ciocca di capelli nera. Comprendo immediatamente che si tratta di un feticcio di un mio ex, eppure non mi dispiace, anzi, sorrido, mentre la accarezzo delicatamente con la punta delle dita.
Penso a quanto male mi ha fatto, a quanto tempo e impegno ho sprecato, ma non mi pento di niente, sono incredibilmente serena, mi stupisco di quanto io lo sia.
La ripongo con cura, mettendola da parte, e quello che trovo dopo è un pacco di adesivi di Naruto: mi torna la voglia di usarli, ma non saprei neanche come. Ricordo, però, quando me li hanno regalati: ero a Gubbio, alla festa dei Ceri, la mia amica era ubriaca, e si è avvicinato il vucumprà di turno che, inspiegabilmente, vendeva quegli adesivi, li ho desiderati tanto e… C’era il mio ex, quello che ho visto pochissimo, ma che mi capiva meglio di chiunque altro, è vero, c’era anche lui, e me li ha comprati.
Non li ho mai usati, li ho posati nel cassetto, in una busta per lettere grossa e rossa, che contiene anche tanti altri fogli, con frasi di canzoni, pensieri, e vere e proprie lettere di persone che avevo dimenticato, e poi mi ricordo che invece non trovo più lettere di persone a cui penso sempre.
“La malinconia ha le onde come il mare…” inizio a leggere un testo e stavolta una stretta al cuore mi culla per qualche istante, ma dura pochissimo: anche quella è una storia passata, in cui ho dato ogni parte di me, ma non è servito.
Mi rendo conto di non ricordarmi più cosa sto cercando, sto continuando a frugare nel cassetto solo per curiosità, come se quelle cose non fossero le mie, come se stessi cercando qualche oggetto prezioso da trafugare, e in una piccola parte è la verità.
 
Dopo altre immagini e sensazioni apparse nella mia mente, decido di chiudere tutto: rimetto dentro ogni cosa alla rinfusa, quasi infastidita, velocemente, come se farlo spegnesse anche tutti i ricordi.
Mi chiedo perché sono così masochista: non bastano tutte le volte in cui le memorie mi assalgono senza che io possa fare nulla? Quando mi assalgono mentre sono felice, mentre sorrido e all’improvviso una coltre si inabissa nel mio animo, strappandomi di dosso la serenità e rendendomi, ancora una volta, malinconica e distante da ciò che mi circonda? Quando mi assalgono mentre sono stanca, stanchissima e spengo la luce e vorrei solo avere un tasto OFF sulla nuca da premere per spegnermi, mentre devo ancora penare per prendere sonno perché un grosso gatto di mestizia si accovaccia sul mio petto e mi impedisce di assopirmi?
No, non mi bastano, perché so di avere bisogno di lunghi attimi di silenzio, attimi che poi diventano ore senza che io me ne accorga, ne ho bisogno per sentire, per percepire il rumore di fondo della mia anima che si contorce, ogni giorno, nel vissuto, nei mesi che passano senza che io possa fermarli, senza che io possa capire davvero se quello che ho fatto, anche solo pochi istanti prima, è valso a qualcosa, o meno.
E io ho bisogno di pensare, ho bisogno di ricordare da dove vengo, che cosa ho fatto, per sapere dove dirigermi, adesso. E così mi ritrovo con miliardi di ricordi, miliardi di piccole particelle forse inutili, che mai mi ripagheranno per averli conservati, per averli cullati, ma sono tutti qui, dentro la mia testa, e a volte si affollano troppo, all’improvviso, senza che io possa fare niente per gestirli. Per sbaglio, per caso, per un profumo, per una nuvola dalla forma strana, per un soffio di vento che mi sposta i capelli, per una frase su un libro, per una canzone, per un sapore buono, perché loro fanno così e io non posso fermarli.
Allora tanto meglio andare a cercarli: osservarli con ordine sfilare sotto le mie dita, avere la capacità di sorridere e di rigettarli con serenità, senza farmi invadere con veemenza, senza che le mie difese siano abbassate di fronte a loro, ma armata e pronta a ciò che sto facendo.
Ho più ricordi che se avessi mille anni, e mi sento come se avessi decine di divorzi alle spalle e non so quanti figli a mio carico che, per quanto affetto gli doni, per quanto lavori per poterli mantenere, non basta mai e gravano, gravano su di me, ma io li amo con tutta me stessa perché sono parte di me, perché ogni infinitesima parte del mio essere tende verso di loro, tende verso la malinconia e a me, in fondo, va bene così: io sono nata per vivere in un tempo che non è il presente e non può essere il futuro; sono nata per vivere nelle memorie spente, perdute, persino in memorie non mie, persino in un libro di Goethe con appunti di chissà chi di quasi un secolo fa, persino in cartoline spedite e poi finite su un banchino di un antiquario, persino in pezzi di vetro antico soffiato da fiati di veri artigiani.
Avete mai visto un frammento di vetro medievale? Brilla come nessun altro al mondo, non è del tutto trasparente e quando lo muovi tra le dita diventa cangiante, si accende di tutti i colori dell’arcobaleno.
E’ così che sono le memorie: fredde, rotte, interrate, poi basta guardarle con dolcezza e queste si accendono trasportandoti in un mondo che non ti appartiene più, o che forse non ti è mai appartenuto, e resti lì, resti lì sotto perché il tuo tempo adesso è sbagliato, perché tutto corre troppo veloce ora, le persone camminano a testa bassa, il lavoro occupa giorni interi, nessuno si ferma più a guardare cosa porti dentro al cuore e, invece, dentro i ricordi ogni cosa è già avvenuta, ogni cosa è ferma per sempre in quel momento, brutto o bello, immutabile.
Mi assento dalla realtà mentre fuori piove, mentre fuori fa freddo, mentre fuori fa caldo, mentre sono sola, mentre la gente mi parla, mentre viaggio in macchina, in treno, in aereo, mentre giace il silenzio, mentre imperversa la musica, mentre io non ci sono e tutto il resto sì.
A volte sono ossessionata, le immagini mi rincorrono per giorni e io mi sento perduta perché non posso più dormire, perché tutto diventa incubo, perché piango su ciò che non posso più cambiare e perché quello che posso cambiare è lontano dalle mie mani e so che dovrò strisciare ancora a lungo prima di raggiungerlo.
Mi spengo perché restare accesa a volte è troppo doloroso, troppo difficile da spiegare a qualcuno che non viva dentro la mia testa con me: qui dentro non sorge più la luna, né il sole, né le stelle e tutto giace nel buio, oppure tutti gli astri brillano impietosi bruciando ogni cosa, generando rabbia e delusione, e io non posso fermarli, non posso impedirgli sempre di brillare, perché a volte le cose devono accadere e basta, perché, a volte, non riesco più ad essere così forte.
Qui dentro ci sono luoghi che non esistono più, visi che sono svaniti, voci che echeggiano come fantasmi, profumi che mi sconvolgono e tocchi invisibili.
 
Non voglio dimenticare.
A volte mi sforzo di ricordare tutte le stanze in cui ho dormito, tutte le parole che ho ascoltato, tutti i differenti tipi di calore che ho trovato in un abbraccio, e non ci riesco, e mi sento perduta.
Dove vivranno loro, se non qui dentro, visto che non ci sono più là fuori?
E allora mi chiedo, guardando i volti che mi circondano, scrutandoli negli occhi per carpire se nascondono lo stesso mio segreto, mi chiedo: come fanno loro a dimenticare? A lasciare andare tutto, a decidere che tutto scorra? Perché qui non scorre niente, qui è un cimitero, buio, freddo, dimenticato da tutti, ma ci sono io, ci sono io ad accudire ogni tomba, a mettere i fiori freschi, a recitare una preghiera, a scacciare i rimorsi e i rimpianti di ogni morto.
Qui ci sono io, ma là fuori chi c’è per me?
Chi c’è che possa comprendere la voglia di non dimenticare, di conservare, di rendere prezioso ogni momento trascorso, ogni emozione sincera, ogni battito di cuore?
Chi c’è?
 
Chi c’è?
 
 
Chi c’è?
 
 
 
Riapro il cassetto.








"Ho più ricordi che se avessi mille anni.
Un grosso cassettone pieno di bigliettini,
di bilanci, di versi, di processi e ballate
con ciocche di capelli avvolti in ricevute
cela meno segreti del mio triste cervello.
E’ come una piramide, un immenso avello
che contiene più morti della fossa comune.
-Io sono un cimitero aborrito dalle lune,
dove strisciano vermi, lunghi come rimorsi,
e s’accaniscon sempre sui miei più cari morti.
Sono un vecchio salotto pien di rose sfiorite,
di un’intera accozzaglia di mode ormai finite,
dove i mesti pastelli e i Boucher di pallore
di una fiala aperta respirano, soli, l’odore.
Nulla eguaglia le lunghe zoppicanti giornate
sotto le falde grevi delle nevose annate
quando la noia, frutto di tetra insensibilità,
acquista le proporzioni dell’immortalità.
-Ormai tu non sei più, o materia vivente!
-Che un granito recinto di un vago spavento
assopito nel fondo di un Sahara imbrumato,
una sfinge ignorata dal mondo spensierato,
in oblio sulle mappe e il cui umore furente
canta soltanto ai raggi di un sole morente."
 
C. Baudelaire


4 commenti:

Bob ha detto...

"A volte mi sforzo di ricordare tutte le stanze in cui ho dormito, tutte le parole che ho ascoltato, tutti i differenti tipi di calore che ho trovato in un abbraccio, e non ci riesco, e mi sento perduta."

Nulla di più vero. Leggere questo post mi ha fatto uno strano effetto.
Tu non lo forse tu non lo sai, ma io avrei detto le stesse cose.
Grazie.

Arhal ha detto...

Siamo una banda di malinconici... Baudelaire sarebbe orgoglioso di noi!
Grazie a te <3

vorgh ha detto...

"Avete mai visto un frammento di vetro medievale? Brilla come nessun altro al mondo, non è del tutto trasparente e quando lo muovi tra le dita diventa cangiante, si accende di tutti i colori dell’arcobaleno."

Ho amato questa parte. Le tue riflessioni mi sono piaciute, sei stata molto discorsiva, ti sei aperta senza troppi fronzoli al pubblico. Lo ammiro. E comunque penso che i ricordi debbano rimanere nei cassetti. E i cassetti chiusi.

Arhal ha detto...

E' quello che ho provato a fare, cosa difficilissima per me, e sono contenta di esserci riuscita, visto che tu l'hai notato (=
Io però penso che i ricordi vivano tutti intorno a me... Ormai sono rassegnata a curare le piantine del mio cimitero =3
Comunque grazie (=