Ho aperto il cassetto della mia scrivania per cercare qualcosa.
Non riesco a trovarla così ho spostato alcune cianfrusaglie,
poggiandole sul piano, e ho continuato a scavare.
Mi chiedo come ci entrasse così tanta roba dentro, la più disparata:
vecchi biglietti di autobus e tram di diverse città italiane e non, abbonamenti
al Lucca Comics, spazzolini da denti, monete sparse, plettri, pupazzetti; non
mi chiedo il perché siano lì, e non nella spazzatura da tempo, perché la
risposta la conosco già: io non butto via niente. Conservo tutto, anche gli
scontrini della spesa e i vecchi mensili dell’Ataf.
Il fatto è che ho sempre avuto la paura di dimenticare le cose, e
conservare degli oggetti, seppur inutili, mi fa pensare che, quando voglio,
posso riprenderli in mano e ricordare di quando un giorno ho comprato lo
spumante e gli ingredienti per fare una torta perché la mia coinquilina si era
laureata, o di quando un mio amico mi ha scritto “ciao” su un biglietto perché
non ci vedevamo da tanto tempo.
Alla fine, tra le mani, mi arriva un piccolo sacchetto di seta che
sembra vuoto: sfilo i legacci e dentro si cela una morbida arricciata ciocca di
capelli nera. Comprendo immediatamente che si tratta di un feticcio di un mio
ex, eppure non mi dispiace, anzi, sorrido, mentre la accarezzo delicatamente
con la punta delle dita.
Penso a quanto male mi ha fatto, a quanto tempo e impegno ho sprecato,
ma non mi pento di niente, sono incredibilmente serena, mi stupisco di quanto
io lo sia.
La ripongo con cura, mettendola da parte, e quello che trovo dopo è un
pacco di adesivi di Naruto: mi torna la voglia di usarli, ma non saprei neanche
come. Ricordo, però, quando me li hanno regalati: ero a Gubbio, alla festa dei
Ceri, la mia amica era ubriaca, e si è avvicinato il vucumprà di turno che,
inspiegabilmente, vendeva quegli adesivi, li ho desiderati tanto e… C’era il
mio ex, quello che ho visto pochissimo, ma che mi capiva meglio di chiunque
altro, è vero, c’era anche lui, e me li ha comprati.
Non li ho mai usati, li ho posati nel cassetto, in una busta per
lettere grossa e rossa, che contiene anche tanti altri fogli, con frasi di
canzoni, pensieri, e vere e proprie lettere di persone che avevo dimenticato, e
poi mi ricordo che invece non trovo più lettere di persone a cui penso sempre.
“La malinconia ha le onde come il mare…” inizio a leggere un testo e
stavolta una stretta al cuore mi culla per qualche istante, ma dura pochissimo:
anche quella è una storia passata, in cui ho dato ogni parte di me, ma non è
servito.
Mi rendo conto di non ricordarmi più cosa sto cercando, sto
continuando a frugare nel cassetto solo per curiosità, come se quelle cose non
fossero le mie, come se stessi cercando qualche oggetto prezioso da trafugare,
e in una piccola parte è la verità.
Dopo altre immagini e sensazioni apparse nella mia mente, decido di
chiudere tutto: rimetto dentro ogni cosa alla rinfusa, quasi infastidita, velocemente,
come se farlo spegnesse anche tutti i ricordi.
Mi chiedo perché sono così masochista: non bastano tutte le volte in
cui le memorie mi assalgono senza che io possa fare nulla? Quando mi assalgono
mentre sono felice, mentre sorrido e all’improvviso una coltre si inabissa nel
mio animo, strappandomi di dosso la serenità e rendendomi, ancora una volta,
malinconica e distante da ciò che mi circonda? Quando mi assalgono mentre sono
stanca, stanchissima e spengo la luce e vorrei solo avere un tasto OFF sulla
nuca da premere per spegnermi, mentre devo ancora penare per prendere sonno
perché un grosso gatto di mestizia si accovaccia sul mio petto e mi impedisce
di assopirmi?
No, non mi bastano, perché so di avere bisogno di lunghi attimi di
silenzio, attimi che poi diventano ore senza che io me ne accorga, ne ho
bisogno per sentire, per percepire il rumore di fondo della mia anima che si
contorce, ogni giorno, nel vissuto, nei mesi che passano senza che io possa
fermarli, senza che io possa capire davvero se quello che ho fatto, anche solo
pochi istanti prima, è valso a qualcosa, o meno.
E io ho bisogno di pensare, ho bisogno di ricordare da dove vengo, che
cosa ho fatto, per sapere dove dirigermi, adesso. E così mi ritrovo con
miliardi di ricordi, miliardi di piccole particelle forse inutili, che mai mi
ripagheranno per averli conservati, per averli cullati, ma sono tutti qui,
dentro la mia testa, e a volte si affollano troppo, all’improvviso, senza che
io possa fare niente per gestirli. Per sbaglio, per caso, per un profumo, per
una nuvola dalla forma strana, per un soffio di vento che mi sposta i capelli,
per una frase su un libro, per una canzone, per un sapore buono, perché loro
fanno così e io non posso fermarli.
Allora tanto meglio andare a cercarli: osservarli con ordine sfilare
sotto le mie dita, avere la capacità di sorridere e di rigettarli con serenità,
senza farmi invadere con veemenza, senza che le mie difese siano abbassate di
fronte a loro, ma armata e pronta a ciò che sto facendo.
Ho più ricordi che se avessi mille anni, e mi sento come se avessi decine
di divorzi alle spalle e non so quanti figli a mio carico che, per quanto affetto
gli doni, per quanto lavori per poterli mantenere, non basta mai e gravano,
gravano su di me, ma io li amo con tutta me stessa perché sono parte di me,
perché ogni infinitesima parte del mio essere tende verso di loro, tende verso
la malinconia e a me, in fondo, va bene così: io sono nata per vivere in un
tempo che non è il presente e non può essere il futuro; sono nata per vivere
nelle memorie spente, perdute, persino in memorie non mie, persino in un libro
di Goethe con appunti di chissà chi di quasi un secolo fa, persino in cartoline
spedite e poi finite su un banchino di un antiquario, persino in pezzi di vetro
antico soffiato da fiati di veri artigiani.
Avete mai visto un frammento di vetro medievale? Brilla come nessun
altro al mondo, non è del tutto trasparente e quando lo muovi tra le dita
diventa cangiante, si accende di tutti i colori dell’arcobaleno.
E’ così che sono le memorie: fredde, rotte, interrate, poi basta
guardarle con dolcezza e queste si accendono trasportandoti in un mondo che non
ti appartiene più, o che forse non ti è mai appartenuto, e resti lì, resti lì
sotto perché il tuo tempo adesso è sbagliato, perché tutto corre troppo veloce
ora, le persone camminano a testa bassa, il lavoro occupa giorni interi,
nessuno si ferma più a guardare cosa porti dentro al cuore e, invece, dentro i
ricordi ogni cosa è già avvenuta, ogni cosa è ferma per sempre in quel momento,
brutto o bello, immutabile.
Mi assento dalla realtà mentre fuori piove, mentre fuori fa freddo,
mentre fuori fa caldo, mentre sono sola, mentre la gente mi parla, mentre
viaggio in macchina, in treno, in aereo, mentre giace il silenzio, mentre
imperversa la musica, mentre io non ci sono e tutto il resto sì.
A volte sono ossessionata, le immagini mi rincorrono per giorni e io
mi sento perduta perché non posso più dormire, perché tutto diventa incubo,
perché piango su ciò che non posso più cambiare e perché quello che posso
cambiare è lontano dalle mie mani e so che dovrò strisciare ancora a lungo
prima di raggiungerlo.
Mi spengo perché restare accesa a volte è troppo doloroso, troppo
difficile da spiegare a qualcuno che non viva dentro la mia testa con me: qui
dentro non sorge più la luna, né il sole, né le stelle e tutto giace nel buio,
oppure tutti gli astri brillano impietosi bruciando ogni cosa, generando rabbia
e delusione, e io non posso fermarli, non posso impedirgli sempre di brillare,
perché a volte le cose devono accadere e basta, perché, a volte, non riesco più
ad essere così forte.
Qui dentro ci sono luoghi che non esistono più, visi che sono svaniti,
voci che echeggiano come fantasmi, profumi che mi sconvolgono e tocchi
invisibili.
Non voglio dimenticare.
A volte mi sforzo di ricordare tutte le stanze in cui ho dormito,
tutte le parole che ho ascoltato, tutti i differenti tipi di calore che ho
trovato in un abbraccio, e non ci riesco, e mi sento perduta.
Dove vivranno loro, se non qui dentro, visto che non ci sono più là
fuori?
E allora mi chiedo, guardando i volti che mi circondano, scrutandoli
negli occhi per carpire se nascondono lo stesso mio segreto, mi chiedo: come
fanno loro a dimenticare? A lasciare andare tutto, a decidere che tutto scorra?
Perché qui non scorre niente, qui è un cimitero, buio, freddo, dimenticato da
tutti, ma ci sono io, ci sono io ad accudire ogni tomba, a mettere i fiori
freschi, a recitare una preghiera, a scacciare i rimorsi e i rimpianti di ogni
morto.
Qui ci sono io, ma là fuori chi c’è per me?
Chi c’è che possa comprendere la voglia di non dimenticare, di
conservare, di rendere prezioso ogni momento trascorso, ogni emozione sincera,
ogni battito di cuore?
Chi c’è?
Chi c’è?
Chi c’è?
Riapro il cassetto.
"Ho più
ricordi che se avessi mille anni.
Un grosso
cassettone pieno di bigliettini,
di bilanci,
di versi, di processi e ballate
con ciocche
di capelli avvolti in ricevute
cela meno
segreti del mio triste cervello.
E’ come una
piramide, un immenso avello
che contiene
più morti della fossa comune.
-Io sono un
cimitero aborrito dalle lune,
dove
strisciano vermi, lunghi come rimorsi,
e
s’accaniscon sempre sui miei più cari morti.
Sono un
vecchio salotto pien di rose sfiorite,
di un’intera
accozzaglia di mode ormai finite,
dove i mesti
pastelli e i Boucher di pallore
di una fiala
aperta respirano, soli, l’odore.
Nulla
eguaglia le lunghe zoppicanti giornate
sotto le
falde grevi delle nevose annate
quando la
noia, frutto di tetra insensibilità,
acquista le
proporzioni dell’immortalità.
-Ormai tu
non sei più, o materia vivente!
-Che un
granito recinto di un vago spavento
assopito nel
fondo di un Sahara imbrumato,
una sfinge
ignorata dal mondo spensierato,
in oblio
sulle mappe e il cui umore furente
canta
soltanto ai raggi di un sole morente."
C. Baudelaire
4 commenti:
"A volte mi sforzo di ricordare tutte le stanze in cui ho dormito, tutte le parole che ho ascoltato, tutti i differenti tipi di calore che ho trovato in un abbraccio, e non ci riesco, e mi sento perduta."
Nulla di più vero. Leggere questo post mi ha fatto uno strano effetto.
Tu non lo forse tu non lo sai, ma io avrei detto le stesse cose.
Grazie.
Siamo una banda di malinconici... Baudelaire sarebbe orgoglioso di noi!
Grazie a te <3
"Avete mai visto un frammento di vetro medievale? Brilla come nessun altro al mondo, non è del tutto trasparente e quando lo muovi tra le dita diventa cangiante, si accende di tutti i colori dell’arcobaleno."
Ho amato questa parte. Le tue riflessioni mi sono piaciute, sei stata molto discorsiva, ti sei aperta senza troppi fronzoli al pubblico. Lo ammiro. E comunque penso che i ricordi debbano rimanere nei cassetti. E i cassetti chiusi.
E' quello che ho provato a fare, cosa difficilissima per me, e sono contenta di esserci riuscita, visto che tu l'hai notato (=
Io però penso che i ricordi vivano tutti intorno a me... Ormai sono rassegnata a curare le piantine del mio cimitero =3
Comunque grazie (=
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