Citazioni


domenica 10 marzo 2013

Contro me stesso


a V.
dal più profondo.






Come torno a casa? Con quale coraggio mi ripresento a casa? Lei è lì, sempre all’ oscuro di tutto, serena e tranquilla di una vita matrimoniale che va nel migliore dei modi. Siamo una giovane coppia felice, di privilegiati fondamentalmente. Almeno è l’impressione che diamo a chi ci conosce. Questo grazie allo studio d’avvocato penalista di mio padre. Io? Laureato con il massimo dei voti e l’esame di Stato, per seguire le orme di mio padre, superato al primo tentativo. Non mi è mancato mai niente grazie ai miei genitori; ho fatto una vita piuttosto rilassata. Se da piccolo volevo un gelato, non mi veniva mai negato, così come neanche i giocattoli più costosi e poi più tardi automobili e motociclette. Una Lamborghini Mallardo, voglio dire! La volevo e mi è stata fatta trovare, proprio con gli inserti al paraurti di rosso fuoco sfumato. La terrazza che affacciava sul golfo! Quando Eleonora la vide per la prima volta ebbe un fremito e i suoi occhi verdi divennero lucidi. Quegli occhi! Mi accarezzarono ricoprendomi di ammirazione. Le sue dita si intrecciarono alle mie e sentii un brivido anch’io. Insieme stavamo, già solo con il pensiero, costruendo quello che sarebbe stato il nostro futuro appartamento. Già immaginavamo le pareti di colori pastello che sarebbero risaltate da illuminazioni calde, soffuse con qualche faretto solo per le occasioni importanti; immaginavamo un grosso tappeto nel salotto e un impianto audio che avrebbe raggiunto ogni angolo della casa. Volevamo librerie piene zeppe di libri, che probabilmente non avremmo mai letto, ma per i nostri figli avremmo fatto questo ed altro. Sarebbero dovuti crescere nel migliore dei modi, non avremmo fatto mancare loro niente. Immaginavamo una famiglia perfetta, di quelle che trovi continuamente nelle pubblicità di biscotti e merendine. Apparentemente ci riuscimmo. Eravamo così all’occhio di tutti. Tutti mi invidiavano quella bella moglie, quei due fantastici ragazzini, Eva e Riccardo, sempre sorridenti, biondi come l’oro, quella fantastica casa con la terrazza sul golfo e quella macchina che ringhiava come un cane da guardia. La mia vita è il sogno di tutti. Un sogno che si è infranto. Dalila è lì stesa, che dorme come un angelo, con le sue curve messe in risalto dalla luce lunare. Quel suo profilo placido, linee di eyeliner sciolte, estese in basso lungo le gote e i suoi capelli scompigliati. Lei è tranquilla. Lei non ha tutto quello che ho io. Siamo in questa bettola del centro storico all’ultimo piano, è la sua camera. E’ la mia nuova segretaria. E’ giovane, è fresca, è così terribilmente imperfetta che non le ho resistito.

Lei cattura tutti i loro sguardi.

Chi, Dalila?

No, la tua vita, idiota! Guardati allo specchio! L’invidia di quella massa di  persone che tu consideri amici, fino ad ora era come combustibile per te, sbaglio?

No, in realtà non sbagli.

Ovvio che non sbaglio, nessuno meglio di me e quindi di te, lo può sapere. Svegliati! Ti rendi conto che tutto gira intorno a te? Tu e la tua ricchezza, la tua serenità familiare, siete il modello massimo da raggiungere per questa società. Tu, la tua bella casa panoramica con tutti i comfort, tua moglie soddisfatta dei suoi nuovi tappeti Giushegan e del colore delle tende o della cena che ha preparato a quei due ragazzini così allegri e viziati. Sì, perché li state viziando! Racchiusi in quella sfera di vetro così fragile eppure così ben conservata da voi due. Colpevoli. E’ quello che siete nei confronti di quei due piccoli esseri, che troppo tardi conosceranno il dolore e non sapranno come affrontarlo. Sì, proprio come te in questo momento. Guardati, sei stravolto! Manco avessi perso tuo padre di infarto. Ti sei solo lasciato andare alla passione, ti sei solo lasciato andare in un luogo a caso, con un letto che cigola e gli infissi che lasciano infiltrare qualche spiffero gelido. Guarda come è bella Dalila, non la invidi? Se ne frega di tutto, le basta lasciarsi andare quando è affamata di passione. Le basta affacciarsi e vedere quello che succede nella casa di fronte, che poi se allunghi un po’ lo sguardo anche da qui si vede il golfo, guarda lì! E’ solo un’altra prospettiva, è diversa da quella che stampano sulle cartoline per i turisti, ma non significa che sia meno bella. Cos’è bello? Tu sei bello? Tua moglie, giovane, sorridente e contenta per le tende che coprono il suo tanto amato panorama da cartolina del cazzo? I suoi occhi verdi? I tuoi figli biondi e perennemente allegri con il loro italiano perfetto senza inclinazioni dialettali? La tua Lamborghini con il paraurti rosso sfumato, il tuo orologio a pendolo ereditato da generazioni, che vale chissà quante centinaia di migliaia di euro? Il tuo conto in banca? E’ davvero tutto ciò, considerabile il canone di bellezza? Tu vuoi essere il modello di questa società? Ma cosa ti resta dentro? Su, rispondi!

Ma cosa … ? Io, ho bisogno di alzarmi, di prendere aria, di bere qualcosa!

Ecco, bravo! Fatti un bicchierino di vodka e affacciati a quella finestra per disprezzare la prospettiva.

Cosa vuoi da me?

Cosa potrei volere da te? Visto che io sono te, voglio solo il meglio per me, quindi anche per te. Voglio farti ragionare, voglio farti capire. Voglio dare un senso a tutto ciò. Rifletti: pensi che ci sia un senso profondo alla tua vita? Voglio dire, se avevi tutto perché l’hai infranto con questa ragazza qui, una poveraccia in confronto a te. Lei sicuramente non ha librerie piene come le tue, ma almeno li ha letti i libri, li conosce nel dettaglio. Lei si emoziona quando legge un passo interessante. Dalila dà un senso anche a quella bottiglia di vodka, all’allegria che le procura.
Ti ricordi di quei tipi che facevano quei balli popolari in una piazza qualche mese fa? Tu non ti saresti lanciato mai lì in mezzo a ballare a ritmo di tamburelli e nacchere; poi parliamo delle bottiglie di vino, che si passavano così generosamente tutti quanti ridendo e scherzando. Dalila è il tipo che non si sarebbe fatta problemi, ne avrebbe goduto. Perché lei sa che quella può essere allegria. Non costa niente la vera allegria. Invece, per rendere allegro te e la tua famiglia c’è bisogno di un vino costoso piemontese, ben invecchiato … che poi diciamocelo, che cazzo ne capisci tu di vini? Oppure quella tua macchina sportiva, fatta con tanta cura e attenzione, solo per te, e i suoi cavalli che non sfrutterai mai in una città come questa. Ma giusto! A te eccita l’idea che quando passi ti guardino tutti e nel caso in cui non lo facciano, basterà premere leggermente l’acceleratore che il rombo del motore ridesterà subito i loro sguardi ammiratori. Sei vuoto. Sei vuoto come quei libri che riempiono le tue librerie, perché potrebbero anche esserlo, vuoti, tanto non te ne accorgeresti.
Un leggero strusciare tra le lenzuola, tu sei alla finestra: è lei che si sveglia. Fa qualche verso strano e un sospiro di soddisfazione. Ti chiede, Che fai?, con quella voce che fa fatica ad uscire subito dopo il risveglio. Senza coprirsi si alza, nuda e in punta di piedi, come se questa cosa le impedisse di prendere freddo alla pianta e quindi al resto del corpo, si dirige verso la bottiglia di vodka, ne fa un sorso per poi guardarti in attesa della risposta. E rispondile, Guardo il panorama, è quello che stai facendo. Ti sorride, prende il pacchetto di tabacco, una cartina e un piccolo filtro cilindrico, inizia ad arrotolare quel po’ di foglioline secche, lecca, chiude e accende. Vado in bagno, ti dice.

Non riesco a capire, come fate ad essere così tranquilli, tu e lei intendo.

Ma forse non ti è chiaro che io e te siamo la stessa cosa, è solo che tu non mi rispetti, pensi che esista solo la tua prospettiva, pensi che si possa vivere solo come ti è stato insegnato. Ma dimmi tu, che senso gli dai? E’ una vita ideale che si fonda su fondamenta false. Devi smetterla di credere che abbia un senso quello che hai costruito fino a questo momento. Smettila.

Tu mi vuoi far impazzire! Cosa ho fatto per meritarmi questo? Tutta questa confusione. La vita come la vedi tu non ha proprio fondamenta. Quel tipo di vita avrebbe un senso? E poi non capisco, sono io che decido! Tu, tu mi costringeresti ad andare in un posto in cui io possa avere un senso? Un posto in cui la vita che mi proponi tu abbia un senso? In questa società, ha senso la vita che ho io. La famiglia, la casa, il posto di lavoro, un buono stipendio. Devi provarci almeno, a realizzarti in questo modo, non dico che tutti hanno le possibilità di riuscirci, ma almeno bisogna tentare … Io, io non ammetto che non possa funzionare. Io nego il fallimento. Tant’è che ci sono riuscito.

Chiudi quella bocca! Ci sei riuscito, eh? Ma guardati, con il tuo completo Armani da duemilacinquecento euro, la cravatta artigianale e il Rolex al polso! Te li sei guadagnati? No, sei uno schifoso privilegiato. Tu sei nato così. Quando tua madre ti ha partorito urlava dal dolore come un maiale sgozzato, perché tu già avevi al polso quel Rolex. Immagina che dolore ti deve fare un orologio come quello che ti dilania tutte le pareti dell’utero.

Basta! Così mi fai scoppiare il cervello! Parla ad alta voce! Non ti sopporto più così, sei totalmente senza senso.

Vergognati! In realtà lo stai già facendo, non ti va più bene tutto questo. Non Ci va più bene! Quando le situazioni non vanno più bene, devono essere cambiate.

Ma, ma … non puoi decidere tu, sono io …

Questo non sono io, questo sono io!

Questo non sono io, questo sono io!

Questo non sono io, questo sono io!

Questo non sono io, questo sono io!

Dalila, eccola tornata, mi guarda in modo strano. Sei impazzito o cosa?, mi dice, Hai bruciato la tua cravatta. Sì, l’ho fatto, le dico. Perché l’hai fatto?, Perché le cravatte non sono importanti nella vita. Le scappa un accenno di risata, con un leggero sbuffo dal naso, le spunta una fossetta oltre la curva del sorriso, bellissima, una piccola imperfezione nella guancia destra, mentre gli zigomi alti le allargano il viso in maniera armonica, così da far socchiudere gli occhi sporchi di trucco sfatto. Non c’è bisogno di bruciarla comunque, mi dice, Sono stanco, le dico io, Vuoi dormire?, mi fa lei di nuovo, Non ne ho idea … sono troppo pensieroso, faccio io. Sospira e mi si avvicina, nuda, splendente di luce lunare, mi accarezza il mento e mi dice, Be’ io mi rimetto a letto, se vuoi io sono lì ad attenderti in tutti i sensi, se mi addormento svegliami, qualunque cosa tu voglia fare, se vuoi parlare, se vuoi bere qualcosa, se vuoi farlo, se vuoi andare via. Va bene, le dico. Mi alzo, solo in boxer, La Perla, artigianato bolognese, costano tantissimo. Hanno fatto il loro tempo. Li levo e li butto via. Il completo Armani devo per forza indossarlo, così come la camicia fatta su misura, ma dureranno ancora poco. Eccolo, l’orologio, quello che ha fatto sanguinare la mamma quando sono nato. Ho un posto adatto a te, vado in bagno e lo butto nella tazza. Il rumore è quello di quando da bambini si buttano dei grossi massi in acqua per sentirne le particolari vibrazioni sonore, basse. Non andrà mai giù per il tubo, a meno che … Prendo lo scopino da bagno e inizio a colpire con forza il Rolex, riducendolo in centinaia di pezzettini, quindi pigio lo scarico. Che liberazione. Ritorno da Dalila, non la sveglio, l’accarezzo soltanto e la ringrazio. Prendo le chiavi ed esco di casa. Mentre scendo le rampe di scale sento la libertà dei miei genitali, sospiro sereno, perché mai mi sono sentito in questo modo: Libero. Esco in strada, cammino euforico per vicoletti silenziosi eppure così vivi. Le mie scarpe Santoni risonano sui sanpietrini, circa seicento euro di scarpe su piscio di cane, polvere, mozziconi e vomito di vino. Cosa cambia tra un paio di scarpe Santoni e un paio di infradito di gomma in questo momento? Nulla. Ecco il garage, premo il bottone dell’ascensore, si apre subito, nessuno l’attende a quest’ora, ma che ora è? Non posso saperlo più ormai, ma in fondo, che importa? Scendo al menodue, si aprono le porte ed eccola lì: lucida, brillante, nera con il paraurti rosso fuoco. L’ho lavata appena stamattina. Nei suoi vetri fumé puoi specchiarti! Disattivo l’allarme, entro, l’accendo e si parte. C’è la barriera automatica che pretende che io abbia pagato, premo l’acceleratore e neanche un secondo dopo la vedo schizzare via. Rallento, prendo il portafogli, lo svuoto delle varie AmericanExpress, Visa, Mastercard  e le butto nei pressi dei resti della barriera. Riparto, veloce, veloce, veloce fino ad arrivare alla stazione di servizio, la prima che incontro. Scendo dall’auto, non c’è nessuno. Inserisco una banconota da cinquanta. Ma sì, non mi importa. Riempio una tanica con parte della benzina che mi spetta, poi continuo a tirarne altra fuori con la quale cospargo la mia bellissima auto. Restano ancora dieci euro, cospargo i distributori. Finita. Prendo la tanica e creo una scia di benzina che passa dal distributore alla macchina e dalla macchina fino all’uscita della stazione di servizio. E’ arrivato il momento: mi accendo una sigaretta e faccio i due tiri più profondi della mia vita, tanto da farmi lacrimare. Addio vita di un tempo! Al diavolo tu e quel privilegiato che mi avevi fatto diventare.

Sei completamente falsa.

Lascio cadere la sigaretta. Corro via, per almeno cinquanta metri. Un boato, terrificante, un vento improvviso di circa tre secondi, rumori di vetri infranti, allarmi di tutti i tipi: abitazioni, automobili, motociclette. Mi volto ed è solo fuoco e fumo corposo. Scoppia un altro distributore. Non sono mai stato in guerra, ma credo che debba essere qualcosa del genere. Per un attimo un brivido di eccitazione percorre la mia schiena. Mi sento libero.

Cosa hai fatto? Hai perso la testa? Perché tutto questo?

Fai silenzio tu, non la senti questa sensazione? E’ come una scarica elettrica dentro di te, puoi fare quello che vuoi. Non devi più preoccuparti di come apparire ad una riunione di lavoro con un cliente, che abito devi indossare, che orologio mettere e che profumo scegliere. Non devi più preoccuparti di avere come moglie una donna che sarà sicuramente ben giudicata dagli altri, seppure fondamentalmente non abbia qualità. Almeno non le qualità vere, quelle che stai, quelle che stiamo, sperimentando stasera. Hai portato avanti quei valori malati, che incarnano una società corrotta, che son belli solo all’apparenza, ma dietro quella bella facciata tu non nascondi il Male, tu non sai neanche dove sta di casa il Male! Se così fosse ne godresti, godresti del Male. Saresti un tipo strano, certo, ma almeno sincero con te stesso. Tu hai mentito persino a te stesso. Cioè a me. Hai mentito a me! E io sono stanco … Rifletti: Potrebbe essere un fardello pesante restare fedeli alle proprie parole? I propri valori, le proprie convinzioni, i propri ideali così coscientemente portati avanti da tradizioni malate nella storia e infine inculcati a te? Hanno fatto il loro tempo. Ora decido io. Mi levo questa giacca e la regalo a quel barbone senza interessarmi minimamente del suo valore, non sono più affari nostri. Abbiamo una missione da terminare. Che bello passeggiare lungo il mare. Mi mette pace. Lui è la natura, lui è la vita. Non mi inquieta più, come quando ero bambino. Ricordi quel gioco che facevo spesso quando ero in nave e ci passavo la notte? Scorrazzavo per il ponte, mi aggrappavo alla ringhiera e mi affacciavo. Cercavo di guardare prima in basso la schiuma che formava l’infrangersi dello scafo contro le onde, poi l'allungavo all’orizzonte. Un orizzonte che non c’era, perché era tutto nero, mare e cielo cuciti. In quel momento immaginavo, immaginavamo, te lo ricordi? Immaginavamo di essere lì, in mezzo al mare e questo pensiero ci inquietava. Immersi nell’oscurità più totale, non potevamo sapere cosa ci fosse sotto di noi, dietro di noi e di fronte a noi. Ora non mi fa più paura. Adesso il mare lo sento come un fratello. Siamo quasi arrivati, eccola lì la tua tanto amata terrazza. E’ tutto spento, ovvio, non potrebbe essere altrimenti a quest’ora per una buona famiglia come la tua. Sali, sali, sali veloce le scale. Sali. Sali. Sali. Ancora sali. Alla fine eccoti, infili la chiave e ti ritrovi nel buio silenzioso del salotto con la luce lunare che punta qualche scaffale. La libreria.

No aspetta, cosa vuoi fare?

Tu non dai più ordini.

Guarda che io ci sono ancora qui, non te lo permetterò, non ti permetterò di fare una follia come questa.

Perché sarebbe una follia? Tu non sai neanche di cosa trattano! Smettila di fare il buffone.

Li bruciamo? Vuoi distruggere questa libreria, questa casa, queste persone? Non farmi mettere contro di te, se lottassi per una vita intera che ne sarebbe del mio corpo? Del tuo corpo. Del nostro corpo. Questa è una lotta troppo grande, contro un intero mondo, contro la società dominante. Cosa ne sarà di noi. Cosa ne sarà della nostra vita? Un guscio vuoto. Il pasto di quale demone?

Io sono il demone. Tu sei il demone. La tradizione è il demone. Smettila di dire cazzate. Non brucerei mai i libri, solo un ignorante insensibile come te potrebbe pensare una cosa del genere. Nazista. Voglio prenderli questi libri e leggerli tutti! Guarda, così si fa.

Stai facendo troppo rumore. Così li farai svegliare.

Al diavolo.

Ecco Eleonora.

Ma cosa vuole, non sono affari suoi. Le hai dato tutto quello che vuole e le permetti di intromettersi?
Cosa fai, mi fa, Sfoglio dei libri, le rispondo calmo, A quest’ora?, mi fa di nuovo lei, Ne avevo voglia adesso, perché che ora è? Sono le quattro passate … ma che ti è successo?, mi dice sconvolta, Cosa deve essermi successo?


Inizia ad infastidirmi, vedi di farla stare zitta.

Ma, ma … non hai la cravatta, la giacca, sei tutto sudato sembra quasi che tu abbia bevuto!, mi dice sbadigliando, Infatti ho bevuto, la cravatta l’ho bruciata e la giacca l’ho regalata ad un barbone, le dico tranquillamente. Sei fuori di testa?, ride, No, se proprio vuoi saperlo mi sono scopato la nuova segretaria e ho fatto scoppiare la Lamborghini in un distributore di benzina, alzo lo sguardo e le sorrido. Corruga la fronte e mi guarda perplessa, Non è divertente, posa quei libri e vieni a dormire, mi fa lei, Non sarà divertente per te, per me lo è eccome, non scopavo così da anni e sapessi l’adrenalina dello scoppio!, le faccio io. Spero che ti stia prendendo le responsabilità di quello che stai dicendo, mi fa seria.
Se lo dico ci sarà un motivo.
Qual è il problema? Vuoi il divorzio? Ho fatto qualcosa che non va?, mi dice disperata iniziando a piangere, Sei proprio fuori strada tesoro, ho semplicemente capito che questa non è la mia strada, le dico continuando a sfogliare un libro. Tu sei impazzito … sei uno psicopatico, inizia lei ad urlare, Vattene e torna quando credi di aver ritrovato il senno, continua lei ad urlare. Eleonora, smettila di urlare, che sveglierai i bambini, le dico io serio. Si sente un “Mamma” da un’altra stanza. Viene ripetuto più volte. Eleonora si lancia su di me e mi prende per il colletto, Non permetterti di fare la parte del padre premuroso in questo stato, mi fa lei, Stai alla larga, continua lei. La prendo per i polsi e glieli stringo tirando le braccia verso il basso, Tu devi smetterla di urlare come una gallina, le faccio. Lei mi guarda terrorizzata e inizia a piangere. Ora vieni con me, le faccio, Voglio guardare il panorama con te, come facemmo la prima volta che venimmo in questa casa.
Guardiamo il panorama, ma le nostre mani non sono intrecciate, sono io a stringerla, siamo sul terrazzo e aria fresca entra nel salotto. Lo sento di nuovo, Mamma, mamma, mamma! E’ Eva, nel salotto in questo momento. Ciao tesoro, le faccio, Ciao papà, mi fa lei, Che fate tu e la mamma?, continua lei. Eleonora si intromette, Eva, amore mio, torna a letto. Io le mollo un ceffone, mi dà proprio i nervi tua moglie.

E’ anche tua moglie.

L’hai scelta tu.

Stai esagerando.

Perché fate così, piange Eva, non litigate, io vi amo sempre tantissimo. Oh, no tesoro, ma anche noi ti amiamo, le dico io, E’ solo che tua madre deve farsi gli affari suoi. Eleonora piange, le stringo i polsi sempre più forte, la spingo verso il parapetto.

Cosa diavolo fai?

Papà che stai facendo?, mi fa Eva.

Smettetela! Da stasera decido io! Eva tesoro, sono stato un cattivo padre, stasera ti insegnerò che tutto quello che ti abbiamo inculcato fino ad ora non è altro che finzione!, inizio ad urlare io. Mi viene da piangere e il cuore è come un tamburo. Sarò un bravo padre per la prima volta nella mia vita, i miei figli impareranno qualcosa! La tengo sempre più in bilico.

Perché lo stai facendo? Non c’era bisogno di arrivare a tutto questo, non farlo. Perché? Perché?

Papà ma perché? Perché fai così? Lasciala stare!

Eleonora urla, No! No! No! Smettila, lasciami andare! Perché fai così? Non ti ho fatto niente, perché?

Io piango.

Perché? Smettila! Perché?

Papà, perché? Non lo fare, ti prego! Perché?

Tesoro,no! No! No! Noooo!

La spingo giù.

La spingiamo giù.

Perché? Perché? Perché?

Perché? Perché? Perché?

Perché niente dura per sempre.

Perché

Niente

Dura

Per

Sempre.


5 commenti:

Bob ha detto...

L'inizio mi ha coinvolto poco, ma sul finale mi sono trovato attaccato allo schermo senza possibilità di staccarmi. Mi piace il modo in cui si costruisce la tensione e si arriva al punto finale. Alcune battute di spirito mi hanno fatto sorridere nonostante la tematica "pesante". Complimenti.

Unknown ha detto...

Hei! Questa è la volta buona che riesco a lasciarti un commento!!! =)
E' semplicemente magnifico, e il finale mi ha lasciata speechless!!!
E bravo!!! <3

Il Losco ha detto...

Che dire dottò, mi è piaciuto!
E' bello notare quanto sia stata sviluppata la canzone una volta resa racconto.
L'azione, i dettagli, le storie, tutto ex novo.
Si poteva anche pensare di rimanere quasi unicamente sull'aspetto psicologico, ma così non è stato, e il risultato è più che soddisfacente.
Poi il tema di fondo del racconto probabilmente, se lo si guarda nella sua interezza, colpisce tutti.
Alla fine anche quel che si definisce certo in fondo in fondo non lo è.
Poi ti dico alcune piccolezze in privato ;)

Arhal ha detto...

Mi è piaciuto molto, è scritto veramente bene, complimentissimissimi =3

pseudonimo MOLTO figo ha detto...

Che dire? Il tema è interessante e decisamente attuale, il conflitto interiore dell’uomo moderno. Il prodotto di questo marcio sistema consumistico e capitalista sulla psiche di una persona sensibile abbastanza da farsi un certo tipo di domande. Io con gli inizi c’ho problemi (non solo con le recensioni) sarà che preferisco l’immediatezza alle descrizioni – anche se so che sono necessarie per introdurre il tutto – quindi l’ho trovato un po’ lento. Però, come nell’altro racconto, dopo un po’ hai la capacità di riprenderti e di accendere la scintilla dell’interesse, e il racconto scorre, scorre. Il climax ascendente è notevole ed è ben inserito, la tragicità è graduale e naturale, anzi è così coerente e ben inserita che a un certo punto credevo che, dopo essersi spogliato di tutti i suoi averi, il protagonista sarebbe ritornato nella sua casa, alla sua vita di sempre, soffocando quei pensieri “pericolosi”, quegli attimi di “follia”, soccombendo a una società che lo reprime e lo ha sempre represso (perché per me quella sarebbe stata la fine più tragica, ancora più tragica del gesto estremo che compie alla fine della storia). Le cose che mi sono piaciute di più in assoluto: il dettaglio del rolex che taglia l’utero dall’interno e delle scarpe costose sulla merda che calpesti tutti i giorni… immagini forti. Molto concrete. Visive.
Comunque è forte, efficace e d’impatto.
L’eterna dicotomia tra Essere o Avere. L’Essere è importante, ma poi che è sto Essere, che mai si vede e mai si sente? Ogni tanto sa di spirituale e stantio, un po’ di cera, tipo le pareti ammuffite delle chiese. E poi d’altra parte senza l’avere non ci campi… Certo, si potrebbe vivere senza l’Avere. Qualcuno lo fa. Comuni autogestite, un certo tipo di soluzioni per abbigliamento, alimentazione, etc… ma sono soluzioni estreme, TROPPO estreme se non sei mai stato abituato a un certo stile di vita, e ci vuole coraggio – del resto alcune comodità non sono diventate ormai indispensabili? E senza sei del tutto tagliato fuori? E allora la soluzione? La soluzione qual è???