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lunedì 3 giugno 2013

Il silenzio dell'anima - Capitolo II: Il silenzio dei sensi


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Camera da letto, buio, notte. Il sangue che mi sta colando dall'orecchio inizia a farsi più freddo e scuro, lo sento raggrumarsi sulla mia guancia, il che significa che devono essere passate almeno due ore buone da quando sono entrato nella stanza, alla ricerca compulsiva ma senza risultati del mio cellulare. 
Priorità: cosa mi è successo. Il compattatore, il silenzio prima del caos, dei problemi, il silenzio prima dei mostri. Il bar me lo ricordo, le birre anche, le sigarette lo stesso, perchè ormai posso contare solamente su di loro, sia per rilassarmi sia per fare un poco di luce. Sono immerso nel buio più totale ed incondizionato, e ho tre sigarette e un accendino, trovate in maniera quasi casuale quando, nella ricerca disperata del mio cellulare, sono andato a sbattere contro la sedia che ho nella camera da letto, dove sono solito ammucchiare i vestiti usati in giornata. Nella foga ho rovesciato tutto per terra, rivoltato le tasche dei jeans, aperto cassetti, gridato bestemmie. Il pacchetto morbido è saltato fuori senza che me ne accorgessi, e l'ho trovato semplicemente perchè ci ho messo il piede sopra, mentre decidevo di lasciare la stanza. Un involucro di plastica rumorosa con un nocciolo duro, all'interno. Lo tengo in mano, mi da sicurezza. Accendo un'altra sigaretta per calmare i nervi, per fare in modo che il fumo e quella minuscola scintilla color oro rosso sia un contatto, seppure labile, con la realtà. Curioso come la tua casa di colpo possa diventare così angosciante, così estranea perfino a te stesso, quando è immersa nel buio più totale.
Due sigarette, un accendino.
Cammino in mutande, orientandomi coi sensi, con la memoria muscolare. La casa non la conosco da molto, solo tre settimane, e mai mi ci sono dovuto confrontare durante un blackout.
La definisco casa mia, ormai, perchè mi da la sensazione d'esserci nato, la sensazione di essergli sempre appartenuto. Richiamo alla mente le serate romantiche passate con Dalila, le cene al lume di candela, lo spogliarci frenetico e quasi automatico davanti al camino spento, fare l'amore sia di giorno che di notte, a qualsiasi ora, in qualsiasi posto. I ricordi mi intontiscono, rimango fermo nel salotto a pensare a tutto e a nulla, e un dolore come una puntura di ape mi coglie impreparato tra l'indice e il medio: la sigaretta è finita. Non mi metto problemi, la butto per terra, ma inizio ad andare nel panico: il puntino color oro rosso è sparito.
Devo muovermi velocemente. Si, le cene...le candele. Dalila teneva sempre delle candele a casa, candele bianche e rosse, candele profumate per ogni occasione, per meditare, per concentrarsi, candele per fare i bagni rilassanti, se solo sapessi dove le mette, maledizione, maledizione! Il sudore inizia di nuovo a colarmi dalle ascelle lungo i fianchi, lento, appiccicoso, inesorabile, come le cose che si muovono dentro questa casa, al buio. Ho troppa paura, non ce la faccio, non resisto: cammino in direzione dello sgabuzzino accendendo per pochi secondi l'accendino, memorizzando in flash di luce le stanze, le porte, la disposizione delle cose. Tutto mi danza nel cervello. I bastoncelli dei miei occhi mal sopportano questo gioco di acceso-spento, e devo sforzarmi doppiamente per riuscire a vedere qualcosa: tutta la vista notturna che ero riuscito ad accumulare svanisce in un click meccanico e in due secondi e mezzo di luce tenue. Ma arrivo alla porta dello sgabuzzino, la apro, mi ci chiudo dentro. Click meccanico, sigaretta, ampia boccata.
Una sigaretta, un accendino.
Lo sgabuzzino è forse l'unica parte della casa che ancora non avevo visto. Non ci ho mai cercato nulla perchè effettivamente non mi ha mai interessato. Sembra di stare dentro un..cosa? Click.
Una stanza grande. Allargo le mani come un cristo in croce, toccando delicatamente coi polpastrelli tutto ciò che posso, per darmi un senso di spazio. Sono dentro un..click. Una specie di corridoio, come se fossi dentro uno di quei magazzini delle prove che si vedono nei film polizieschi.
Uno, due, tre, quattro, cinque passi. L'alluminio mi gratta la pelle dei polpastrelli, restituendomi una sensazione di polvere, e cose messe in ordine. Mi porto le dita al naso, annuso: odore stantio, come se la stanza non venisse pulita da mesi. Sei, sette, otto, nove passi, click. Scatole. Alla mia destra, alla mia sinistra, scatole catalogate ovunque. E nessuna candela. Allungo il braccio sinistro, con la quale tengo in mano il pacchetto di sigarette e con le nocche tocco qualcosa di duro e ruvido:
la parete. Sono arrivato in fondo alla stanza? Dopo qualcosa come una decina o poco più di passi? Non va bene. Inizio di nuovo a sudare. E lo sento: un caldo fastidioso e persistente tra l'indice ed il dito medio, che morde e pizzica nell'incavo dei suddetti: ci sono ricascato di nuovo, la sigaretta è finita. E quando mi giro per tornare indietro, la stanza mi appare enorme.
Più sicuro di me stesso, stavolta, cammino decisamente più velocemente.
Uno e due e tre e quattro e cinque e sei e sette e otto e nove e click.
E la stanza non è ancora finita.
Dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici e diciassette e click. Buio, ovunque attorno a me, come liquido denso e vischioso, e ho come la sensazione che siano tornati, che mi stiano seguendo, che siano dietro di me, dio, ti prego, fa che non sia così, dio ti prego no e mentre lo penso li sento ridere, sento i brividi che mi scuotono la spina dorsale e i peli della nuca che diventano rigidi come aghi e i testicoli mi risalgono in gola e allora corro altri dieci altri venti altri trenta passi click corridoio nero altri tenta li sento sbavare e ringhiare dietro di me le scatole che cadono sono qua sono qua ancora pochi passi e mi prenderanno click corridoio click corridoio click corridoio corro lampo di luce bianca e accecante dolore come uno spiedo nei denti sono per terra a gattoni. Ho sbattuto contro la porta, lo realizzo immediatamente, mi lancio contro la maniglia con la foga di chi annega e si lancia su un pezzo di legno per stare a galla, la spalanco, esco strisciando, quasi, la sbatto con forza dietro di me. Il tonfo che pochi secondi dopo segue il mio gesto mi dice che la cosa, qualsiasi cosa, qualsiasi cose mi stessero seguendo hanno appena sbattuto contro il legno di ciliegio. Le sento raspare e dibattersi, a meno di cinque centimetri dalla mia schiena, e benedico la mia prontezza di spirito nell'aver immediatamente girato la chiave nella toppa, senza nemmeno pensarci troppo. Tremo d'un tremore senza precedenti.
Mi accendo l'ultima sigaretta.
Il fumo mi brucia gli occhi, e mi lascio andare ad un pianto disperato, sconfortante. Non ricordo più nulla, non so' perchè sta succedendo tutto questo, mi fa di nuovo male l'orecchio, e credo di essermi incrinato un dente sbattendo nella mia corsa disperata. Mi trascino di nuovo verso la stanza da letto: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e...nulla. Non c'è un click. Stavolta, in maniera più nervosa, riprovo: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e ancora nulla, sono davanti alla camera da letto, ma l'accendino ha smesso di funzionare. Non sento il caratteristico pfsss che dovrebbe fare se fosse carico di gas. E mentre realizzo ciò sento la chiave della porta dello sgabuzzino girarsi da sola. Urlo, entro nella camera , mi chiudo dentro, disfo il letto e lancio il materasso contro l'entrata, puntellandolo con il resto del letto e con la sedia e i mobili. E mentre lo faccio grido e bestemmio e piango e sfogo la mia rabbia così, tra una boccata di sigaretta e l'altra, prendo a pugni la parete, mi apro la pelle, perdo sangue. Ancora. Mi siedo per terra, con la schiena contro il muro, la testa incassata dentro le ginocchia, esattamente com'ero prima di tutto questo. La sigaretta mi avverte che sta per arrivare alla fine della sua vita, ma non la sento più: due ore fa la mia anima si era spenta, in un silenzio di incomprensione, adesso sono i miei sensi a spegnersi, gradualmente, divorati dal buio e dall'orrore strisciante e senza nome che mi tormenta. Ripenso a Dalila, e mi abbandono così, per quella che mi sembra un'eternità, e invece devo immediatamente tornare vigile, e immediatamente i brividi ed il sudore mi devastano mente e corpo:

bussano alla porta.

2 commenti:

Arhal ha detto...

ANSIA ANSIA ANSIA
mentre lo leggevo verso la fine mi si è anche spento il computer e non si accendeva più
ANSIA

Se volevi mettere ansia, e sono convinta di sì, ci sei riuscito.

ANSIA


Bravissimo!

(ansia)

Il Losco ha detto...

Doc, inutie che te lo specifichi, mi è piaciuto.
Caotico, Inquietante, perfetto per come il setting si era messo.
E poi quegli accendini alla Silent Hill.
Applausi!