(link per il Capitolo I)
Camera da letto, buio, notte. Il sangue che mi sta colando dall'orecchio inizia a farsi più freddo e scuro, lo sento raggrumarsi sulla mia guancia, il che significa che devono essere passate almeno due ore buone da quando sono entrato nella stanza, alla ricerca compulsiva ma senza risultati del mio cellulare.
Priorità: cosa mi è successo. Il compattatore, il silenzio
prima del caos, dei problemi, il silenzio prima dei mostri. Il bar me
lo ricordo, le birre anche, le sigarette lo stesso, perchè ormai
posso contare solamente su di loro, sia per rilassarmi sia per fare
un poco di luce. Sono immerso nel buio più totale ed incondizionato,
e ho tre sigarette e un accendino, trovate in maniera quasi casuale
quando, nella ricerca disperata del mio cellulare, sono andato a
sbattere contro la sedia che ho nella camera da letto, dove sono
solito ammucchiare i vestiti usati in giornata. Nella foga ho
rovesciato tutto per terra, rivoltato le tasche dei jeans, aperto
cassetti, gridato bestemmie. Il pacchetto morbido è saltato fuori
senza che me ne accorgessi, e l'ho trovato semplicemente perchè ci
ho messo il piede sopra, mentre decidevo di lasciare la stanza. Un
involucro di plastica rumorosa con un nocciolo duro, all'interno. Lo
tengo in mano, mi da sicurezza. Accendo un'altra sigaretta per
calmare i nervi, per fare in modo che il fumo e quella minuscola
scintilla color oro rosso sia un contatto, seppure labile, con la
realtà. Curioso come la tua casa di colpo possa diventare così
angosciante, così estranea perfino a te stesso, quando è immersa
nel buio più totale.
Due sigarette, un accendino.
Cammino in mutande, orientandomi coi
sensi, con la memoria muscolare. La casa non la conosco da molto,
solo tre settimane, e mai mi ci sono dovuto confrontare durante un
blackout.
La definisco casa mia, ormai, perchè
mi da la sensazione d'esserci nato, la sensazione di essergli sempre
appartenuto. Richiamo alla mente le serate romantiche passate con
Dalila, le cene al lume di candela, lo spogliarci frenetico e quasi
automatico davanti al camino spento, fare l'amore sia di giorno che
di notte, a qualsiasi ora, in qualsiasi posto. I ricordi mi
intontiscono, rimango fermo nel salotto a pensare a tutto e a nulla,
e un dolore come una puntura di ape mi coglie impreparato tra
l'indice e il medio: la sigaretta è finita. Non mi metto problemi,
la butto per terra, ma inizio ad andare nel panico: il puntino color
oro rosso è sparito.
Devo muovermi velocemente. Si, le
cene...le candele. Dalila teneva sempre delle candele a casa, candele
bianche e rosse, candele profumate per ogni occasione, per meditare,
per concentrarsi, candele per fare i bagni rilassanti, se solo
sapessi dove le mette, maledizione, maledizione! Il sudore inizia di
nuovo a colarmi dalle ascelle lungo i fianchi, lento, appiccicoso,
inesorabile, come le cose che si muovono dentro questa casa, al buio.
Ho troppa paura, non ce la faccio, non resisto: cammino in direzione
dello sgabuzzino accendendo per pochi secondi l'accendino,
memorizzando in flash di luce le stanze, le porte, la disposizione
delle cose. Tutto mi danza nel cervello. I bastoncelli dei miei occhi
mal sopportano questo gioco di acceso-spento, e devo sforzarmi
doppiamente per riuscire a vedere qualcosa: tutta la vista notturna
che ero riuscito ad accumulare svanisce in un click meccanico e in
due secondi e mezzo di luce tenue. Ma arrivo alla porta dello
sgabuzzino, la apro, mi ci chiudo dentro. Click meccanico, sigaretta,
ampia boccata.
Una sigaretta, un accendino.
Lo sgabuzzino è forse l'unica parte
della casa che ancora non avevo visto. Non ci ho mai cercato nulla
perchè effettivamente non mi ha mai interessato. Sembra di stare
dentro un..cosa? Click.
Una stanza grande. Allargo le mani come
un cristo in croce, toccando delicatamente coi polpastrelli tutto ciò
che posso, per darmi un senso di spazio. Sono dentro un..click. Una
specie di corridoio, come se fossi dentro uno di quei magazzini delle
prove che si vedono nei film polizieschi.
Uno, due, tre, quattro, cinque passi.
L'alluminio mi gratta la pelle dei polpastrelli, restituendomi una
sensazione di polvere, e cose messe in ordine. Mi porto le dita al
naso, annuso: odore stantio, come se la stanza non venisse pulita da
mesi. Sei, sette, otto, nove passi, click. Scatole. Alla mia destra,
alla mia sinistra, scatole catalogate ovunque. E nessuna candela.
Allungo il braccio sinistro, con la quale tengo in mano il pacchetto
di sigarette e con le nocche tocco qualcosa di duro e ruvido:
la parete. Sono arrivato in fondo alla
stanza? Dopo qualcosa come una decina o poco più di passi? Non va
bene. Inizio di nuovo a sudare. E lo sento: un caldo fastidioso e
persistente tra l'indice ed il dito medio, che morde e pizzica
nell'incavo dei suddetti: ci sono ricascato di nuovo, la sigaretta è
finita. E quando mi giro per tornare indietro, la stanza mi appare
enorme.
Più sicuro di me stesso, stavolta,
cammino decisamente più velocemente.
Uno e due e tre e quattro e cinque e
sei e sette e otto e nove e click.
E la stanza non è ancora finita.
Dieci, undici, dodici, tredici,
quattordici, quindici, sedici e diciassette e click. Buio, ovunque
attorno a me, come liquido denso e vischioso, e ho come la sensazione
che siano tornati, che mi stiano seguendo, che siano dietro di me,
dio, ti prego, fa che non sia così, dio ti prego no e mentre lo
penso li sento ridere, sento i brividi che mi scuotono la spina
dorsale e i peli della nuca che diventano rigidi come aghi e i
testicoli mi risalgono in gola e allora corro altri dieci altri venti
altri trenta passi click corridoio nero altri tenta li sento sbavare
e ringhiare dietro di me le scatole che cadono sono qua sono qua
ancora pochi passi e mi prenderanno click corridoio click corridoio
click corridoio corro lampo di luce bianca e accecante dolore come
uno spiedo nei denti sono per terra a gattoni. Ho sbattuto contro la porta, lo
realizzo immediatamente, mi lancio contro la maniglia con la foga di
chi annega e si lancia su un pezzo di legno per stare a galla, la
spalanco, esco strisciando, quasi, la sbatto con forza dietro di me.
Il tonfo che pochi secondi dopo segue il mio gesto mi dice che la
cosa, qualsiasi cosa, qualsiasi cose
mi stessero seguendo hanno appena sbattuto contro il legno di
ciliegio. Le sento raspare e dibattersi, a meno di cinque centimetri
dalla mia schiena, e benedico la mia prontezza di spirito nell'aver
immediatamente girato la chiave nella toppa, senza nemmeno pensarci
troppo. Tremo d'un tremore senza precedenti.
Mi accendo l'ultima
sigaretta.
Il
fumo mi brucia gli occhi, e mi lascio andare ad un pianto disperato,
sconfortante. Non ricordo più nulla, non so' perchè sta succedendo
tutto questo, mi fa di nuovo male l'orecchio, e credo di essermi
incrinato un dente sbattendo nella mia corsa disperata. Mi trascino
di nuovo verso la stanza da letto: uno, due, tre, quattro, cinque,
sei, sette e...nulla. Non c'è un click. Stavolta, in maniera più
nervosa, riprovo: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e ancora
nulla, sono davanti alla camera da letto, ma l'accendino ha smesso di
funzionare. Non sento il caratteristico pfsss
che dovrebbe fare se fosse carico di gas. E mentre realizzo ciò
sento la chiave della porta dello sgabuzzino girarsi da sola. Urlo,
entro nella camera , mi chiudo dentro, disfo il letto e lancio il
materasso contro l'entrata, puntellandolo con il resto del letto e
con la sedia e i mobili. E mentre lo faccio grido e bestemmio e
piango e sfogo la mia rabbia così, tra una boccata di sigaretta e
l'altra, prendo a pugni la parete, mi apro la pelle, perdo sangue.
Ancora. Mi siedo per terra, con la schiena contro il muro, la testa
incassata dentro le ginocchia, esattamente com'ero prima di tutto
questo. La sigaretta mi avverte che sta per arrivare alla fine della
sua vita, ma non la sento più: due ore fa la mia anima si era
spenta, in un silenzio di incomprensione, adesso sono i miei sensi a
spegnersi, gradualmente, divorati dal buio e dall'orrore strisciante
e senza nome che mi tormenta. Ripenso a Dalila, e mi abbandono così,
per quella che mi sembra un'eternità, e invece devo immediatamente
tornare vigile, e immediatamente i brividi ed il sudore mi devastano
mente e corpo:
bussano alla porta.
2 commenti:
ANSIA ANSIA ANSIA
mentre lo leggevo verso la fine mi si è anche spento il computer e non si accendeva più
ANSIA
Se volevi mettere ansia, e sono convinta di sì, ci sei riuscito.
ANSIA
Bravissimo!
(ansia)
Doc, inutie che te lo specifichi, mi è piaciuto.
Caotico, Inquietante, perfetto per come il setting si era messo.
E poi quegli accendini alla Silent Hill.
Applausi!
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