Bah. Rieccomi qui a sbavare riflessioni su una pagina di
word. Su un blog. Nella mia testa. Mi piace paragonare le parole scritte alle
diverse forme che il nostro corpo ha di espellere sostanze. Quando scrivevo
Regalo d’addio la parole scorrevano come lacrime. Altre storie le ho sudate,
alcune le ho sanguinate, qualcun’altra, piena di odio e risentimento, l’ho
vomitata. Un getto caldo che parte dallo stomaco, risale e ti sconvolge,
lasciandoti un sapore amaro in bocca e il corpo destabilizzato ma libero. Un paio
di giorni fa ho provato a scrivere qualcosa che parlasse di me, ma l’ho
cestinata dopo meno di una pagina. Quella storia l’avevo cacata. Questa invece
la sto sbavando, avete presente quando siete piegati con un braccio contro il
muro e la testa contro il braccio, guardando verso il basso, la tazza del cesso
o il pavimento, e vomitate? Ecco, subito dopo il vomito c’è spesso quel po’ di
bava che pende dalla bocca. Ma intanto ci siamo liberati del peso grosso, il
rivoletto di bava è un dettaglio che può rimanere trascurato nell’angolo della
bocca finché non siamo pronti a tornare in carreggiata. Respiriamo. Recuperiamo
il controllo del nostro corpo. E quando davvero siamo sicuri che è finita, puliamo
la bava e alziamo la testa. E siamo pronti ad affrontare il mondo, di nuovo.
Ho vomitato tanti racconti a proposito di una storia finita
male che mi ha cambiato la vita, ora è il momento di asciugare quel filo di
bava, un ricordo che è rimasto dimenticato e pendente per parecchio tempo. Un
anno e mezzo circa, direi.
Era l’agosto 2012, ed ero in vacanza con Amanda, la leonessa
a cui mesi dopo avrei dedicato “Regalo d’addio”. La nostra storia era già
finita, schiacciata da tradimenti, mancanze di fiducia e sadismi. Avevamo
commesso grandi errori e non eravamo riusciti a recuperare. Continuavamo ad
andare avanti per inerzia, continuando a farci del male, come quando inciampi
mentre corri e cerchi di recuperare l’equilibrio, finendo solo per cadere in
maniera ancora più rovinosa. Ferirci era diventato il nostro nuovo modo di
amarci. Alla fine, o forse dovrei dire finalmente, avevamo deciso di lasciarci,
alla vigilia di un viaggio prenotato mesi prima. Quei biglietti ci guardavano
dal tavolo, e alla fine prendemmo una decisione assurda.
Partiamo lo stesso. Dimentichiamo tutto quello che è
successo, i litigi avvenuti tra queste quattro mura, la routine, il dolore. Facciamo
finta di niente, viviamo questa vacanza liberamente, come se fosse il nostro
primo giorno. Le scrissi una lettera.
“Per tornare ad
essere i due ragazzi che si fanno le foto negli autobus mentre si baciano.
Per tornare ad
assaporare ogni piccola cosa.
Per riscoprirci.
Ad ogni costo,
contro ogni
rischio,
io ti chiedo,
amiamoci ancora.”
Ed eccoci lì, qualche settimana dopo, su una collina con
altri ragazzi conosciuti lì, che ridiamo e scherziamo. Lo ricordo come se fosse
ieri, anzi, come se stesse accadendo in questo momento. Per una settimana
eravamo stati la coppia perfetta, gli altri ragazzi da tutto il mondo ci
guardavano e si stupivano di quanto sembravamo in sintonia, ci chiedevano di
farci foto e dicevano che eravamo carini. Chissà cosa direbbero, mi chiedevo,
se sapessero che tra una settimana esatta le nostre strade si separeranno. Era
notte, quella sera sulla collina, e noi eravamo lì e giocavamo tutti insieme a
“Never have I ever”.
Non ho mai fatto paracadutismo.
Nessuno beve.
Non ho mai fatto sesso con due persone diverse in un giorno.
Qualcuno beve.
Non ho mai tradito.
Io e lei ci guardiamo negli occhi, davanti a tutti, e ci
sorridiamo. Brindiamo e buttiamo giù l’alcol. Il nostro punteggio di coppia
dell’anno sale per tutti. Sembriamo forti, pensavo, sembriamo inarrestabili,
sembra che davvero abbiamo superato tutto.
Non ho mai questo, non ho mai quello.
Non ho mai scopato in spiaggia.
Ci guardiamo negli occhi e sorridiamo. Lei beve, io no,
tutti capiscono che questa storia è legata al tradimento, negli occhi di tutti
leggo ammirazione per la bella coppia che siamo, per il modo amichevole in cui
andiamo d’accordo con queste cose.
Non ho mai visto l’aurora boreale.
Un tizio con gli occhiali beve.
Non ho mai pensato ad un’altra persona mentre facevo sesso.
Quella era una delle cose di cui non avevamo mai parlato. E i
suoi occhi, fissi nei miei, dicevano “confessa”. Sorrisi, come dopo ogni altro
“non ho mai”, e rivoltai il mio bicchiere in gola. Quando tornai con gli occhi
nei suoi, erano diversi. Nessun altro lo aveva notato, ma l’avevo ferita. Tutte
le finzioni, il ridere su ciò che era successo e bere insieme, non erano altro
che questo, finzioni. Eravamo danneggiati, rovinati e senza possibilità di
tornare indietro. In quel momento il senso di colpa mi stava dilaniando, e
forse più del senso di colpa era la consapevolezza che bastava uno stupido
gioco per creare una crepa dolorante tra noi due.
Mi alzai subito dopo e andai a pisciare, e quando tornai
iniziai a parlare di altro, facendo dimenticare a tutti del gioco. Avevo
realizzato che esistono errori che continuano a bruciarti dentro per anni,
forse per una vita intera. E che non puoi fare finta di niente, devi solo
rassegnarti ed ammettere la sconfitta. Spesso pensiamo che sarebbe bello poter
tornare indietro e rimediare agli errori commessi, sembra che senza quella
persona, chiunque essa sia, la vita non possa più andare avanti, e ciò di cui
non ci accorgiamo è che siamo geneticamente programmati per sopravvivere. Ci
possono togliere qualunque persona, in qualunque modo, ma alla fine andremo
avanti comunque. Qualunque vuoto abbiamo dentro, verrà colmato. Qualunque peso
portiamo con noi, prima o poi ce ne libereremo. Come quando bevi troppo: basta poggiarti
contro un muro, vomitare, e aspettare che la testa smetta di girare. Respiri,
ti pulisci la bava, ed esci dal bagno, pronto per un nuovo inizio.
“Le cose si
rompono, ed è normale.
Anche cercare di
ripararle è normale.
Spesso, mentre
armeggiamo con i cocci e la colla, la cosa che vogliamo riparare si frantuma nelle nostre mani, e
questo fa davvero male.
Ci fa capire che
una cosa rotta è rotta.
E quando una cosa è
rotta, l'unica cosa da fare è accettarlo e proseguire senza.”
12 settembre ‘12
4 commenti:
Ho letto e sto commentando dal cellulare e già questo mi emoziona!
come già è accaduto le tue parole sanno essere troppo crude per i miei gusti, ma poi arriva il punto in cui non ce la faccio più a restare nei miei panni e finisco nelle tue parole, e allora non ritrovarmi con gli occhi lucidi diventa impossibile.
bravo Bob, come sempre.
grazie :)
Wow.
Un ripieno d'emozione, un qualcosa che non ti lascia illeso.
Ho vissuto una situazione simile, anche se in termini diversi.
Era la mia migliore amica, una ragazza con cui condividevo la mia vita da 12 anni.
E poi le nostre strade si sono divise definitivamente, dopo tanti mezzi addii. Ma ci abbiamo riprovato, dopo un anno, per caso.
Il risultato?
E' servito solo ad accorgermi che ormai non c'era più niente da sistemare, da ricucire, e che dovevo andare avanti, senza di lei, ma con me stessa integra.
Sono esperienze che insegnano, in qualche modo, che tutto può cambiare, ma anche che alcune cose non cambiano mai.
Grazie di aver condiviso quest'esperienza. Grazie della sincerità.
Grazie a te per i complimenti :) tutto quello che potrei aggiungere sull'argomento l'hai già letto.
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