Ecco che in treno vagavo tra i miei pensieri.
Vorrei essere in grado di risalire al percorso che ho fatto fino a giungere al pensiero del giorno.
C'è sempre un pensiero del giorno, qualcosa al quale penso di tanto in tanto durante tutta la giornata, magari perché è la prima cosa che mi è venuta in mente appena sveglia, quando il mio cervello ha iniziato ad elaborare dati, cose, fatti ...
Sono sicura di aver fatto un lungo giro di ricordi prima di giungere a quello di un anno e otto mesi fa.
Odio la mia memoria quando mi gioca brutti scherzi: riesco a ricordare perfettamente un avvenimento di mesi e mesi fa, quasi una vita, ma non sono in grado di risalire ai primi passaggi che mi hanno condotta a pensare a quello stesso avvenimento, pochi momenti prima.
C'era una melodia che continuavo a canticchiare nella mia testa, e inconsciamente sapevo già a cosa portava, ma ci ho messo un po' a razionalizzare di che cosa si trattasse.
Sidney Bechet, "Petit Fleur" ...
Ho sorriso, gli argini della mia memoria si sono infranti e mi sono persa.
Col senno di poi so che avrei potuto rendere quella sera di inizio giugno molto più piacevole di quanto non sia stata in realtà.
E' un dolce ricordo, per quanto non mi sia poi tanto legata. Durante l'ultimo anno e mezzo ne ho accumulato di migliori, e di più cari, ma questo mi fa sentire sempre lo stomaco molle.
Mi sono chiesta, cosa lo rende così carino?
Forse il fatto che nel momento in cui agivo, lo facevo senza pensare. Sì, quella è stata una delle poche volte in cui mi sono lasciata trasportare dagli eventi e dal desiderio, in balia della bufera passionale che quell'uomo spirava dalle sue parole, dalle sue mani, dalle sue spalle.
Forse il fatto che quella sera mi sono sentita libera, libera da qualunque vincolo, per la prima e l'ultima volta.
Congelai la conversazione con l'uomo che amavo, tentando di congelare anche i miei sentimenti per lui, per correre a gettarmi nelle braccia della noncuranza, della voglia che mi inseguiva e mi incalzava ogni volta che lui, l'altro, mi parlava, mi guardava, mi sfiorava con innocenza quando mi incontrava.
E proprio nell'innocenza di quei piccoli gesti si nascondeva il desiderio bruciante di appartenersi.
In ogni sguardo c'era lascivia, ci scrutavamo in cerca di un segnale, ci stuzzicavamo per creare l'occasione giusta per dare sfogo a quella tensione sessuale che ci aveva tenuti sulle spine già dalle prime volte che ci eravamo scambiati poche sfuggenti parole.
Finché poi, stanchi di aspettare, ci siamo creati la nostra occasione quasi dal nulla, nascondendoci sempre dietro quell'innocenza costruita e finta che ci accomunava.
Ma quello che ci ha uniti davvero è stata la tristezza. La sua tristezza composta, nascosta, fatta di incertezze, di dubbi, di nostalgia, e soprattutto di noia e piattezza dei sentimenti.
La mia tristezza sfrontata ed evidente in ogni mio sguardo che lui adorava, fatta di ricordi amari, di desideri, delusioni, ma soprattutto di un amore non corrisposto.
Emozionata indossai la stessa maglietta con la quale ero uscita di casa la mattina, mi congedai frettolosamente dal mio doloroso amore, senza spiegazioni, senza un saluto, lasciandolo sul comodino della mia camera e uscii di casa con una scusa, inventando un'amica dalla quale dormire, per quanto fosse un po' tardi per essere credibile agli occhi di mia madre che, nonostante ciò, tacque.
Non mi voltai indietro, né ci ripensai, neanche una volta, e non mi sono mai, neanche per un momento, pentita di quella volta in cui volli staccarmi completamente da quell'uomo che amavo, ma al quale nulla mi legava se non la mia stupida devozione.
Volli per la prima volta dedicarmi a qualcosa senza troppi dubbi o domande e a qualcuno per il quale non provavo alcun tipo di sentimento e al quale sapevo non mi sarei mai potuta legare, perché sapevo che così non avrebbe mai potuto deludermi.
Ricordo ancora l'emozione, il modo in cui aspiravo nervosamente dalla sigaretta in attesa che lui venisse a prendermi, e il sorriso forzato che mi si dipinse in volto tentando di dissimulare la mia agitazione quando lo vidi arrivare sul suo motorino. Poi mi porse il casco, e mi saluto con un bacio sulle labbra, come se l'avesse sempre fatto, anche se era la prima volta.
Adorai ancora una volta quella spontaneità e quell'ennesimo gesto provocatorio nascosto dietro un velo di ingenuità e semplicità. E nel momento in cui le nostre labbra si toccarono, io smisi di pensare, mi calmai all'istante, spensi il cervello e cieca, mi lasciai guidare.
Quando misi piede nella sua camera, piccola e accogliente, dai colori caldi, pensai che era esattamente ciò che mi aspettavo da lui e non fu difficile ambientarmi.
La prima canzone che ascoltammo fumando fuori al balcone di quella piccola stanza fu "Where did you sleep last night" dei Nirvana.
"My girl, my girl, don't lie to me, tell me where did you sleep last night", continuava a canticchiare lui, e benché i Nirvana solitamente mi facessero pensare all'amore che avevo lasciato sul comodino, riuscii a trovare quest'altro uomo che mi stava di fronte, irresistibile mentre stonava quelle poche note.
Quando la canzone finì, partì la melodia che stamattina mi ha fatto venire in mente tutto ciò come fosse la scena di un film.
Petite Fleur ...
E infine iniziammo ad assaggiarci e a scoprirci sul suo letto, avvinghiati e appassionati ...
Quando finimmo, andai a gettarmi sotto la doccia, e mentre l'acqua calda mi scivolava addosso, sentii che portava via qualunque tipo di impulso sessuale io avessi provato nei confronti di quel ragazzo che tanto avevo desiderato fino a poco prima. Quel fuoco di paglia si era spento nel momento in cui il mio orgasmo si era placato.
Dormimmo insieme, e quella fu la prima volta che condivisi la notte e il letto con un uomo, e per la prima volta mi resi davvero conto di quanto poco ci conoscessimo, e di quanto poco ciò mi importasse in realtà.
Il mattino dopo la sveglia suonò presto per andare a scuola insieme e ciò he restava dell'attrazione che fino alla sera prima ci aveva consumati erano dei teneri baci e delle modeste carezze affettuose.
Esattamente come allora si spense il desiderio appena ci alzammo dal letto, così adesso faccio fatica a ricordare perché questo ricordo mi è venuto in mente all'improvviso e mi ha fatta sorridere tanto.
Dopo quella notte non ci siamo più visti se non per caso, né cercati, eppure è stato così dolce ricordare quella sera ormai così lontana da sembrarmi estranea. Perché?
Ah, sì, la melodia ... Petite Fleur ...
In fondo, mi è rimasta nell'anima.
4 commenti:
Mi sono ritrovato in alcuni dei passi di questo racconto, e amo quando mi succede. E' rassicurante sapere che ci sono altre persone che vivono le tue stesse emozioni.
"Ma quello che ci ha uniti davvero è stata la tristezza." Chapeau.
Personalmente, al contrario di Bob, non sono proprio riuscita a ritrovarmi nelle tue parole, ma perché non ho mai sentito mie questo genere di emozioni, di passioni in generale nella vita, quindi la colpa non è di certo tua che, anzi, per raccontare di un "tradimento" hai utilizzato uno stile e delle parole decisamente dolci e malinconici (=
Non riesco a rivedermici.
Ho tradito. Con una passione tale da diventare sottomessa, e poi dominatrice.
Ma non riesco proprio a capire le tue parole, ad entrarci dentro insomma... mi sembra solo un racconto, e niente più...
Parere personale ovviamente, ognuno vive e descrive le proprie sensazioni a modo proprio.
Alla prossima!
Io non ho raccontato un tradimento.
L'amore di cui parlo, quello lasciato sul comodino, non era il mio ragazzo, era solo una persona per la quale provavo un amore smisurato, che mi ingabbiava, che non mi permetteva di vivere al meglio altre esperienze, ma che non mi voleva, non era ricambiato. E il lasciarmi andare con l'altro, non è stato un tradimento, è stato un liberarmi, almeno per una volta, di quell'amore. In questo scritto non parlo di un tradimento, parlo di una liberazione.
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