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mercoledì 6 febbraio 2013

Claire


Probabilmente la notte peggiore della mia vita. Continuavo a svegliarmi di continuo, intontito dall’alcol che avevamo assunto, e a ripetermi che quelle sostanze avrebbero dovuto abbattermi, che avrei dovuto dormire come un bambino. Mi rigiravo ma non riuscivo a prendere sonno, e se ci riuscivo subito si affacciavano alla mia mente strani sogni. In uno di questi avevo una sorellina a cui spaccavo la testa per sbaglio, in un altro venivo stregato dai meravigliosi occhi blu di una sconosciuta che la folla trascinava via da me. Ero talmente irrequieto che anche Claire, nell’altra piazza del letto, si svegliò e mi chiese se andava tutto bene. Cosa avrei dovuto risponderle?

Claire, io e te siamo amici da tanti anni, siamo come fratelli, ma ti scoperei come se non ci fosse un domani.

Troppo volgare. Girarmi e baciarla? Troppo rischioso. Alla fine dissi semplicemente che avevo fatto un brutto sogno, voltandomi dall’altro lato e dandole la schiena per nascondere la mia erezione, troppo evidente sotto quelle lenzuola di cotone. Un attimo dopo, Claire dormiva ancora, con quel suo respiro pesante e sonoro che nella mia mente suonava come gemiti di piacere.

Claire, per favore, potresti respirare in un modo meno eccitante?

Sapere che il suo corpo era lì, a pochi centimetri dal mio, mi rendeva inquieto, indeciso, il sangue mi ribolliva nelle vene e in quel momento avrei dato tutto solo per farla mia, per poter abbracciare, stringere, esplorare e penetrare quel corpo. Tutto avrei dato pur di poter sentire il suo calore sulla mia pelle, pur di poter conoscere l’unico lato ancora oscuro di quella persona che per me non aveva segreti.

Claire, vorrei sentire il tuo orgasmo, vorrei ascoltare la tua voce strozzata, vedere la tua schiena che si inarca, sentire il calore che divampa nel tuo corpo. Vorrei tornare a casa mia domani con i segni delle tue unghie nella schiena e dei tuoi morsi sul collo.

Non ero a casa di Claire per il sesso, ma per una conferenza. Io e lei avevamo vissuto a stretto contatto dai tredici ai venti anni, ed eravamo davvero come fratelli. Poi, finito il liceo, lei si era trasferita in un'altra città. Ci vedevamo spesso, ma non come prima. Ci sentivamo spesso, ma non bastava. Ci siamo allontanati quel poco che è bastato, quando mi è venuta a prendere alla stazione, per guardarla come guarderei una qualunque donna. E ho pensato che era davvero bella. I capelli corti e neri le incorniciavano il volto in un modo che non avevo mai visto, e gli abiti leggeri la proteggevano dal caldo di fine maggio ma non dal mio sguardo. In un attimo immaginai il suo corpo nudo, basandomi su quanto avevo visto le estati precedenti sulle spiagge o quando ci cambiavamo nella stessa stanza. Avvicinandomi notai le sue labbra carnose e pensai di baciarle, mentre mi stupivo dei miei stessi pensieri. Lei mi corse incontro e mi abbracciò. Tante volte ci eravamo abbracciati, noi due, in attimi di felicità, al momento della sua partenza, in momenti di tristezza, per ringraziamento, o anche solo per salutarci. Ma quella volta fu diverso, sentivo il suo corpo premere contro il mio, riuscivo a percepire i suoi seni e stringendole la vita mi accorsi di quanto fosse sottile e di come si allargasse sui fianchi. Inspirai l’odore dei suoi capelli e abbassai la testa, fino a trovarmi con il naso sul suo collo. Sentivo il calore del sangue che scorreva sotto la pelle e

Claire, devo smettere di abbracciarti. Mi sta diventando duro e i nostri vestiti sono troppo leggeri per sperare che tu non te ne accorga.

Mentre Claire mi faceva strada verso casa sua, dove avrei dovuto lasciare la borsa e cambiarmi per la conferenza, mi accorsi che non riuscivo ad ascoltarla, lo sguardo troppo concentrato sul suo sedere. Si notava il bordo della biancheria sotto il sottile tessuto del suo abito estivo, e anche i risultati della palestra in cui mi aveva detto di essersi iscritta erano abbastanza evidenti. Ma forse, pensai accelerando il passo fino a trovarmi al suo fianco, sono i miei occhi che sono cambiati. Claire, la piccola Claire che abbracciavo quando il ragazzo che le piaceva non si accorgeva di lei, l’amica che mi chiedeva consigli su come vestirsi e alla quale non mi facevo problemi a dire che quella gonna era troppo da zoccola, l’amica con cui una volta ho fatto il bagno, completamente nudi, senza avere neanche il minimo accenno di un’erezione, dove era finita?  Guardavo le sue natiche ondeggiare davanti ai miei occhi mentre salivamo le scale e non sapevo darmi una risposta. Sentivo solo il desiderio di afferrarla con forza appena aperta la porta di casa e possederla sul primo ripiano abbastanza stabile che avessi visto. Mi cambiai in fretta e furia, con numerosi getti di acqua gelida sul volto e sui polsi, e fuggii verso il luogo della conferenza.

Inutile dire che non riuscii a seguire neanche una parola. Nella mia mente stavo spogliando la mia amica di infanzia, non più con forza sul primo ripiano stabile, ma dolcemente nel suo letto. Assaporavo il suo fremito mentre le toglievo l’intimo e guardavo tra le sue gambe, mentre lei arrossiva e cercava di coprirsi. Immaginavo la carezza dell’interno delle sue cosce sulle mie orecchie, delle mie mani sui suoi fianchi e della mia lingua dentro di lei. L’odore delle sedie di velluto si trasformava in quello dei suoi umori, il sapore della penna che mordevo nervosamente si trasformava in quello della goccia di sudore che leccavo dal suo collo, il foglio che avevo in mano si trasformava nella sua pelle, che avevo sempre visto ma mai toccato come facevo nelle mie fantasie. Mi accorsi di star sudando, quindi abbandonai la conferenza prima del tempo e ne approfittai per fare una lunga passeggiata prima di tornare a casa, dove Claire mi accolse con un sorriso e un abbraccio, e mi chiese cosa volevo per cena.

Claire, se potessi averti salterei tutte le cene del mondo. Non sono mai stato intraprendente, dimmi che lo vuoi anche tu. Fammelo capire, in qualunque modo.

Le dissi la verità, ovvero che avevo lo stomaco chiuso e mi andava bene qualunque cosa, purché fosse una porzione piccola. Cenammo in silenzio e ci raccontammo cosa avevamo fatto, ma io ero distratto. Troppo distratto dalla sua canottiera senza reggiseno che lasciava poco all’immaginazione e dai suoi shorts troppo audaci. Avrei potuto dirle di cambiarsi e che sembrava che volesse sedurmi, ma non ci riuscii. In parte perché volevo vederla così, in parte perché sebbene avessi la confidenza necessaria per dirle una cosa del genere, lo spirito era diverso, e temevo che potesse notare qualcosa nella voce, nello sguardo o nei pantaloni. La ascoltai distrattamente cercando un altro posto dove far cadere lo sguardo, ma ogni superficie mi faceva immaginare un nuovo amplesso, ogni oggetto una nuova fantasia, ogni sporgenza e ogni curva sembravano parti del suo corpo.

Che c’è? Mi chiese lei, mi sembri stanco.

Claire, c’è che muoio dalla voglia di scoparti. Muoio dalla voglia di fare l’amore con te. Ti voglio.

Dissi che il viaggio in treno mi aveva stancato più del previsto, il caldo, i posti scomodi, le persone fastidiose. Andammo a dormire. Dopo dieci minuti lei si alzò e si spogliò, tenendo solo un perizoma nero. Si lamentò del caldo e spense di nuovo la luce. D’istinto mi voltai dall’altro lato. Sapevo che se l’avessi guardata anche un secondo di più non sarei riuscito a tenermi a freno. Quando gli occhi si abituarono all’oscurità iniziai a guardare il profilo della sua schiena. Le poggiai lentamente una mano sulla spalla e mi avvicinai per odorare di nuovo i suoi capelli, le posai un bacio leggero sulla guancia e mi voltai, deciso più che mai a dormire. Sognai di bambine con la testa rotta e folle che portano via da me una bella sconosciuta.

Il sonno arrivò ore e ore dopo, quando sull’orlo della disperazione affondai la testa nel cuscino e contrassi il volto in un’espressione di rabbia e disperazione, fino a piangere.

6 commenti:

Arhal ha detto...

Non ho parole per dirti quanto mi sia piaciuto il tuo racconto.

Cioè, l'ho visto eh, il solito Bob maniaco c'era, però era tutto intriso da taaaanta delicatezza che non sono abituata a leggere nelle tua parole su questi argomenti XD

Mi è piaciuto moltissimo, è davvero introspettivo e, paradossalmente, tenero.

Bravissimissimo =*

Bob ha detto...

Il tuo commento mi ha commosso. Grazie davvero :)

Arhal ha detto...

(= meriti questi ed altri complimenti ^^

vorgh ha detto...

Mi piacciono molto i pensieri in corsivo, che cambiano il registro stilistico del racconto. Mi è piaciuta tantissimo la parte in cui ogni oggetto diventa una parte del corpo di lei e che lui fantastica distorcendo la realtà. Il ritmo è perfetto
non riesci a non continuare a leggere, non annoia per niente è anche originale l'idea
Mi piace la tua cura del dettaglio, del dettaglio in generale. Cioè quando descrivi
fai venire in mente proprio tutto: forma, colore, dimensione, seppure magari utilizzi soltanto un paio di aggettivi.

Velin ha detto...

Sei bravissimo ad usare la prima persona, è una cosa pochi sanno fare davvero bene secondo me. Il racconto poi si legge da solo, è scorrevole ma si riesce a capire dove la lettura deve soffermarsi. Espressioni poi come "farmela sul primo ripiano stabile" e "notare qualcosa [...] nei pantaloni" sono geniali xD.
Tratta poi di un tema per la quale credo noi maschietti siamo passati tutti, volersi fare la propria migliore amica/ amica d'infanzia, e lo fa in una maniera abbastanza verosimile, ma anche osessiva, fino al raggiungimento dell'esasperazione. Bello.

Unknown ha detto...

Sono donna, e seppur dal lato opposto so cosa significhi desiderare quel "migliore amico", quella persona che non avresti mai sognato di vedere con gli occhi dell'attrazione.
E tu hai disegnato divinamente il profilo del desiderio di quest'uomo.
La scarsità d'attenzione nei confronti di qualsiasi cosa gli passi davanti mi ha fatto sorridere, perché è davvero così... perchè non riesci a distogliere il pensiero nemmeno se cerchi con tutte le tue forze di impedirti di viaggiare con la fantasia.
Bello.
Un'aggettivo semplice, come quelli che utilizzi tu, e che dice molto, proprio come i tuoi.