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domenica 13 gennaio 2013

La barba


Il treno avanzava ritmicamente sulle rotaie da ormai circa un’ora e quarantasette minuti. Lui era generalmente tranquillo quando aveva un mandato di lavoro, anzi gli procurava piacere già dalla notte precedente; preparare la sua ventiquattrore, passarsi la crema depilatoria per tutto il corpo, rinfrescarsi con una doccia, farsi con cura la barba. Quest’ultimo non era un dettaglio da trascurare: quando non aveva mandati si lasciava andare, non trovava alcuna ragione per rendersi presentabile. Passava la gran parte della giornata a leggere libri, tantissimi libri, studiandone nel dettaglio ogni espressione più inusuale o arcaica.

Quel giorno era diverso dagli altri. Sarebbe più corretto dire che era iniziato diversamente dal solito e ciò inconsciamente non gli andava giù. Aveva sempre avuto un’attenzione particolare nel farsi la barba; era un rito per lui. Utilizzava sempre e soltanto un rasoio monolama da barbiere, puntualmente sterilizzato con cura e poi riposto nella sua fodera di cuoio, anche nei giorni in cui non era utilizzato. Ci era affezionato poiché era stato il regalo più significativo di suo padre, prima che lo abbandonasse per sempre. Gli era stato insegnato che l’uomo vero deve sempre aver cura del suo viso, e la barba deve essere fatta nel migliore dei modi ogni qual volta si presenti un evento importante; e ogni mandato di lavoro era per lui un evento importante. Quella mattina alle sei e zero due aveva iniziato la sua opera d’arte; prima prese le forbici e accorciò la parte inferiore del pizzetto che spuntava fuori dai contorni del viso, poi passò ai baffi, i quali alle estremità iniziavano a creare un accenno di spirali perfettamente simmetrici. La distanza con lo specchio si ridusse vertiginosamente nel momento in cui verificò se la barba era uniforme e abbastanza corta da poterla tagliare via tutta con il suo scettro monolama. Il suo respiro si fece più attento e regolare così da appannare una piccola parte di specchio in corrispondenza della bocca; così capì che doveva allontanarsi. Passò delicatamente e in maniera uniforme con un pennello di tasso, senz’ombra di dubbio il migliore, la schiuma preparata qualche minuto prima in una ciotola. Quando il viso fu completamente ricoperto di schiuma senza irregolarità, maneggiò il suo monolama con fierezza e delicatamente iniziò a raspare via i peli misti al sapone, cercando di ripassare il rasoio meno volte possibile, e soprattutto, facendo la massima attenzione a non tagliarsi. Erano circa dieci anni che non si procurava un taglio mentre si radeva. Ma ciò che temeva avvenne quel giorno. Era un piccolo taglio sulla curvatura del mento, che prontamente provò ad arginare con un minuscolo pezzetto di carta igienica. Stava per perdere la calma, ma si rese conto che il taglio era davvero impercettibile e che durante l’incontro di lavoro non sarebbe stato notato.

Eppure c’era qualcosa che lo rendeva nervoso e lui sapeva benissimo che quel qualcosa era il taglietto sul mento. 

Cercava di distrarsi guardando fuori dal finestrino la fitta nebbia dalla quale spuntavano saltuariamente rami spogli e tronchi sottili. Erano passate quasi due ore ed era la dodicesima volta che controllava l’orologio. Il treno era in ritardo di quattro minuti. Al quinto minuto di ritardo finalmente la voce registrata annunciò l’arrivo alla stazione di Isone, un paesino sperduto in Svizzera, nel cantone italiano. Come rinato indossò il cappotto, prese la ventiquattrore, si alzò e attese per poi scendere. Si inoltrò nella nebbia senza fermarsi, come se già sapesse dove sarebbe dovuto andare. Infine arrivò in una villetta di campagna, molto gradevole per quello che si poteva notare attraverso la nebbia. Si avvicinò alla porta e bussò al campanello.

La porta si aprì e lo accolse un uomo della sua stessa altezza, più anziano di lui, in carne e con una barba lunga stranamente molto ben curata, tanto che quasi ne sentiva il profumo. L’uomo lo fissò.
- Posso esserle utile?
- Oh, certo. Mi scusi, il mio nome è Rudy Volta-. Tendendogli la mano. – Sto indagando sulla scomparsa di Dalila Otto avvenuta circa dieci giorni fa.
- E’ della polizia?
- No, in realtà lavoro per un agenzia investigativa privata di Aosta. Il marito di Dalila si è affidato a noi.
- Io non conosco nessuna Dalila -. Rispose l’uomo cercando di chiudere la porta.
- Aspetti, la prego, vorrei solo farle qualche domanda. Pare che la ragazza fosse diretta qui prima di sparire dalla circolazione, e sa, il paese è piccolo, vorrei entro il primo pomeriggio fare qualche domanda a tutti gli abitanti. Mi sarebbe di grande aiuto.
L’uomo barbuto lo guardò per qualche secondo leggermente perplesso, poi con qualche esitazione spalancò la porta per farlo entrare. L’altro ringraziò sorridendo e si lasciò chiudere la porta alle spalle entrando.
- Gradisce una tazza di caffè?
- Molto volentieri.
- Mi segua in cucina.
L’ambiente era accogliente, caldo per mezzo del camino acceso già da qualche ora, in più c’era un magnifico odore di torta di mele. 
Quando furono in cucina la torta era lì che fuoriusciva dal ruoto in maniera irregolare. L’uomo barbuto prese il termos di caffè ancora caldo e riempì due tazze, prese un coltello e portò tutto al tavolo centrale. Infine tagliò una fetta di torta e la pose in un tovagliolo di carta per poi offrirla al suo ospite.
- La prego, assaggi. L’ha fatta mia moglie.
- Produzione propria?
- Sì, da quando viviamo qui cerchiamo di coltivare e allevare quasi tutto il necessario. Se continuassimo a mangiare quello che ci vendono i supermercati dovremmo ammalarci e morire prima del previsto.
Rudy sorrise. L’incontro era iniziato in maniera davvero divertente. Fece un sorso di caffè, ma non toccò il dolce. Alzò quindi lo sguardo verso chi gli era di fronte.
- Allora, lei è il signor? 
L’uomo fissava il dolce, quasi in trance. In realtà era attento alla domanda. E dopo qualche secondo di silenzio rispose.
- Mi chiamo Bernardo Veneziani. – Mentiva, naturalmente. Cioè, apparentemente non lo faceva. Era ciò che era scritto sulla buca delle lettere, ma in realtà lo disse con così poca convinzione che sembrava non appartenergli minimamente.
- Ha notato qualcosa di insolito in paese negli ultimi giorni? Qualcuno che si è comportato diversamente da come usa fare tutti i giorni? Sa, dovrebbe essere tutto più semplice in un piccolo paese come questo, vi conoscete tutti, qualcosa di insolito si … -
- Perché non mangia il dolce?- Guardando l’ospite con insistenza. 
- Lo mangerò tra pochissimo -. Gli rispose sorridendo Rudy.
- No, in realtà non ho notato niente di particolare.
- Ne è sicuro?
- Cosa ha nella valigetta?
- Questa domanda non c’entra con quello che le sto chiedendo io.
- Certo, ha ragione. Sì, sono sicuro.
- Benissimo -. Rudy fece un altro sorso muovendo la mandibola in maniera innaturale. Rimase in silenzio, tranquillo. Il padrone di casa era immobile e continuando a fissare la torta continuò la conversazione.
- Le sarei sicuramente più d’aiuto se mi mostrasse una foto della ragazza.
- Certo, era quello che stavo per fare.
- Quindi è a quello che serve la valigetta, giusto? Ma la prego, assaggi un po’ di torta di mele -. Lo disse alzandosi e recitando un’intonazione di naturalezza. – Guardi, adesso le aggiungo un po’ di zucchero a velo -.
Dopo aver preso lo zucchero l’uomo barbuto si avvicinò all’ospite e gli spolverò delicatamente la fetta . Rudy prese la valigetta e la pose sulle gambe ancora chiusa. Sorrideva. Anche l’altro uomo sorrideva e quando finì di spolverare la fetta di zucchero a velo, rimanendo in piedi, lì proprio accanto a lui, improvvisamente lo fissò con più interesse. Rudy non cedeva allo sguardo, continuando a sorridere con sicurezza, fino a che non si accorse che l’uomo barbuto non lo fissava più negli occhi, bensì studiava il suo mento.
- Noto che stamattina si è tagliato con il rasoio, deve essere più attento, Rudy.
Rudy non sorrideva più. Si sentì come incatenato alla sedia, come se non potesse più muoversi. Un uomo con una folta barba era stato attento a quel dettaglio e lui aveva perso tutta la sua credibilità. Avrebbe soltanto dovuto aprire la valigetta e sparargli, ma non ci riuscì. L’aveva fatto mille volte, senza sapere alla testa di chi avrebbe sparato e perché. Era il suo lavoro. Ed era sempre stato impeccabile a lavoro, tranne quel giorno. L’uomo barbuto lo leggeva come se fosse un libro aperto. L’aveva mortificato con una stupida osservazione e aveva capito subito che non era un investigatore privato, così d’istinto prese la tazza di caffè e glielo schizzò in faccia, facendolo ustionare e urlare di dolore. Allo stesso tempo sfilò la valigetta dalle braccia di Rudy, l’aprì e ne trasse  fuori una pistola con il silenziatore. Rudy cadde con la sedia all’indietro tirandosi la fetta di dolce, che nel cadere disperse zucchero a velo nell’aria rendendolo simile alla polvere. La canna della pistola era puntata al centro della sua testa ma lui non poteva saperlo perché era in quel momento accecato.
- Vorrei dirti di riferire a chi ti ha assoldato di scegliere più attentamente i loro sicari, ma sono costretto ad ucciderti -. Gli disse con tranquillità l’uomo barbuto.
Gli sparò al centro della testa facendo fuoriuscire fiotti di sangue che lentamente imbrattavano la sua liscia faccia. Liscia tranne che per quel taglietto.

11 commenti:

Arhal ha detto...

Mi è piaciuto tantissimo! La lettura scorre bene e poi sono contenta di questa figura simil-nonno-di-heidi-cattivone e della fine di quella specie di legale neutrale psicopatico *___*

Unknown ha detto...

Ahahah Carinissimo! Ho sperato fino all'ultimo che il vecchietto avesse la meglio :)Grazie per aver condiviso con noi!

Anonimo ha detto...

Ciao,
sono capitato per caso (o forse no) su questo blog e lo trovo molto interessante. Mi ha dato l'ispirazione per provare a scrivere per la prima volta in vita mia un racconto. Mi piacerebbe che lo leggeste, così giusto per avere un parere, se vi va.

Libero

Bob ha detto...

@Libero

Certo che ci fa piacere! Tienici aggiornati :D

Anonimo ha detto...

Bene, mi fa molto piacere!
Avete un indirizzo email a cui posso inviare il racconto?
Grazie e a Presto!

Libero

Bob ha detto...

Puoi inviarlo come testo usando la casellina "contact me" in alto a destra nel blog, oppure mandare un messaggio tramite quella casella e poi ti rispondo io dalla email e lo mandi lì

Anonimo ha detto...

Ok, fatto.
Grazie

Libero

Anonimo ha detto...

Credo di aver fatto un errore, l'indirizzo email è .com e non .it

Libero

Bob ha detto...

purtroppo l'account non è arrivato, ma il racconto sì. se mi scrivi di nuovo nel contatto mettendo la mail nel testo del messaggio ti rispondo lì appena ho i commenti di tutti

Anonimo ha detto...

Fatto anche questo.

Libero

Anonimo ha detto...

... pensav avessi smesso col sangue. ma sei sempre il solito ... ci devo essere anche io alla prossima birra !